Wall Street in forte rialzo, l’effetto Hunt è anche qui: DJ +500 punti, Nasdaq +3%. Bank of America +5% post trimestrale
L’effetto Jeremy Hunt è visibile anche a Wall Street che, così come i mercati del resto del mondo, stava guardando con preoccupazione agli alert sulla stabilità finanziaria del Regno Unito.
Le ultime tre settimane dei mercati hanno visto infatti protagonisti i problemi made in UK, nati con la decisione del governo di Liz Truss di lanciare un maxi piano di tagli alle tasse. Tagli così imponenti che hanno portato gli investitori a interrogarsi sulla sostenibilità del debito del Regno Unito una volta ridotte le tasse.
Il governo Truss è stato così costretto a fare un imbarazzante dietrofront, a licenziare il Cancelliere dello Scacchiere Kwasi Kwarteng, sostituendolo con Jeremy Hunt.
Hunt oggi ha provveduto a rassicurare subito i mercati e, con il primo discorso nelle vesti di neo ministro delle Finanze UK, ha annunciato il ritiro di quasi tutti i tagli alle tasse precedentemente annunciati da Kwarteng.
Positiva la reazione dei mercati, che hanno premiato subito la sterlina e i titoli di stato britannici (Gilt). In generale, il sentiment sull’azionario è migliorato.
Wall Street torna a puntare così verso l’alto, con il Dow Jones che sale di oltre 500 punti, dopo le perdite accusate la scorsa settimana quando, in particolare nella sessione di giovedì 13 ottobre, la borsa Usa ha prima sofferto un tonfo storico, per poi segnare una rimonta altrettanto impressionante, nella stessa seduta.
A scatenare i sell off su Wall Street, la pubblicazione del dato relativo all’inflazione Usa misurata dall’indice dei prezzi al consumo, che ha messo in evidenza l’accelerazione dell’inflazione core nel mese di settembre.
Nella stessa sessione del crollo, è stata sorprendente la rimonta degli indici: basti pensare che, durante la sessione, l’indice S&P 500 aveva oscillato all’interno della forchetta di trading più ampia dal marzo del 2020, mentre il Dow Jones rimbalzava di 1.300 punti dai minimi intraday testati nelle ore precedenti.
Protagonista, dopo la diffusione del dato, la paura per una Fed costretta a essere, in risposta a un’inflazione ostinata, ostinata anch’essa per sconfiggere la piaga del boom dei prezzi.
La prossima riunione del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, è in calendario il prossimo 1-2 novembre e l’annuncio di una nuova stretta di 75 punti è ampiamente scontato.
Per Wall Street, il bilancio della settimana scorsa è stato negativo, con l’indice S&P 500 che ha segnato una flessione dell’1,6% su base settimanale.
Oggi, a rassicurare l’azionario, è anche il dietrofront dei tassi dei Treasuries Usa: quelli decennali scendono al 3,945%, dopo aver superato la soglia del 4% diverse volte, nel corso dell’ultima settimana. In ribasso anche i tassi dei Treasuries a due anni, quelli più sensibili alle decisioni di politica monetaria, che viaggiano attorno al 4,409%, in flessione di ben 10 punti base, dopo aver superato la scorsa settimana la soglia del 4,5% per la prima volta dal 2007.
Alle 16 circa ora italiana, il Dow Jones balza di quasi 500 punti (+1,67%), a 30.128,85 punti; lo S&P 500 avanza del 2,49% a 3.670,71 e il Nasdaq Composite sale di oltre il 3,1% a quota 10.650.
L’attenzione rimane sulle banche Usa, dopo la carrellata dei conti relativi al terzo trimestre, che sono stati sfornati venerdì scorso dai colossi del calibro di JP Morgan, Morgan Stanley, Wells Fargo e Citigroup.
In generale, le banche americane hanno riportato solidi risultati, a eccezione di Morgan Stanley, la cui trimestrale è stata deludente.
Oggi, prima dell’inizio della giornata di contrattazioni, ha diffuso i conti trimestrali l’altro colosso Usa Bank of America. Il colosso ha reso noto di aver concluso il terzo trimestre dell’anno con un utile in calo dell’8% a $7,1 miliardi, o di 81 centesimi per azione, a causa degli accantonamenti da $898 milioni che ha dovuto effettuare per tutelarsi da eventuali future perdite sui crediti elargiti. L’eps ha battuto tuttavia le attese di 77 centesimi per azione. Meglio delle stime anche il fatturato, che si è attestato a $24,61 miliardi su base adjusted, rispetto ai $23,57 miliardi previsti dal consensus. Il titolo segna un rally superiore a +5%.
Guadagna più del 3% JP Morgan, Morgan Stanley sale del 2%, Citigroup è invece piatta, Wells Fargo +2,6%.
Dai risultati delle banche Usa di venerdì scorso è emerso il doppio effetto sui bilanci delle strette monetarie firmate da Jerome Powell & Co.
Da un lato, le banche hanno assistito a un miglioramento della redditività, confermato da corposi rialzi del margine netto di interesse. Dall’altro lato, la paura di una recessione e dunque della maggiore difficoltà di famiglie e imprese a onorare il rimborso dei crediti ricevuti, si è tradotta in un aumento degli accantonamenti, per far fronte al rischio di una crescita dei crediti deteriorati-NPL.
Domani sarà il turno di Goldman Sachs (+1,8%), che diffonderà la propria trimestrale.
Diffonderanno i conti, nei prossimi giorni della settimana, anche Netflix (+5,4%), Tesla (+5,5%) e IBM (+1,8%), così come Johnson & Johnson (+0,87%), United Airlines (+0,80%), AT&T (+0,90%), Verizon (+0,85%), e Procter & Gamble (+1,6%), tra molte altre.