Mps, l’aumento di capitale si può fare. Banche consorzio garanzia firmano, garante anche Algebris
Mps e l’aumento di capitale: a questo punto, dopo la firma che è stata finalmente apposta dalle banche del consorzio di garanzia, la ricapitalizzazione da 2,5 miliardi di euro, previa autorizzazione della Consob, può partire. E che sia finalmente quella giusta, quella che davvero riesca a salvare il Monte dei Paschi di Siena. Togliendogli magari in futuro, con un eventuale operazione di M&A, anche il marchio di Monte di Stato.
Si spera stavolta che l’aumento di capitale salvi la banca sul serio: non solo nel breve termine, ma nel lungo, visto che quella che si prepara a essere lanciata è l’ultima di una carrellata di ricapitalizzazioni che hanno segnato la storia della banca senese e dei contribuenti italiani.
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Mps, aumento capitale: sì banche consorzio, garante anche Algebris
La situazione di stallo si è sbloccata dopo una riunione fiume, che ha visto i vertici del Monte dei Paschi di Siena trattare sia con le banche del consorzio di garanzia che con gli investitori privati. Fino a poche ore fa, si parlava infatti addirittura del rischio che le banche del consorzio mollassero Siena all’ennesimo destino nefasto, vista l’assenza di un impegno concreto da parte dei capitali privati. Le banche del consorzio di garanzia, si ricorda, sono Mediobanca, Credit Suisse, BofA Securities, Citigroup, Credit Suisse; a queste si sono affiancate come joint bookrunners Société Générale, Sitfel Europe Bank, Banco Santander e Barclays.
L’annuncio della svolta è arrivato stamattina con un comunicato della banca: già da ieri erano circolati rumor su un accordo imminente con le banche garanti, tanto che il titolo Mps era volato in borsa fin oltre l’11%, dopo le indiscrezioni relative alla partecipazione all’aumento di capitale da parte di Anima Holding e altri investitori. Si parlava di un impegno da parte della società di gestione del risparmio Anima Holding, già partner industriale del Monte, a contribuire all’operazione, mettendo sul piatto 25 milioni di euro circa.
Si aggiungevano anche voci di una partecipazione alla ricapitalizzazione del Monte dei Paschi da parte della Fondazione Cr Firenze, presieduta da Luigi Salvadori, con un intervento da 10 milioni. Ancora, si facevano i nomi di altri investitori privati: come del fondo Algebris, del fondo Hosking, della compagnia di assicurazione tedesca Axa anch’essa partner industriale di Mps e dell‘imprenditore Denis Dumont.
Proprio l’impegno degli investitori privati avrebbe convinto le banche a firmare. La loro paura, causa la volatilità del mercato e il timing della ricapitalizzazione, era quella di ritrovarsi con il cerino in mano, ovvero di finire con il sottoscrivere un inoptato troppo consistente, esponendosi di conseguenza al rischio di un eventuale tonfo delle nuove azioni Mps post aumento di capitale.
E così, con la firma dei contratti di garanzia, Mps ha potuto annunciare finalmente il via all’aumento di capitale, comunicando l’impegno delle banche del consorzio a sottoscrivere l’aumento fino a un importo massimo di 807 milioni; altri 50 milioni sono stati garantiti dal fondo Algebris.
Nella nota della banca si precisa che “i Garanti e Algebris si sono pertanto complessivamente impegnati a sottoscrivere, alle condizioni di cui ai rispettivi contratti, disgiuntamente tra loro e senza alcun vincolo di solidarietà, le Nuove Azioni non sottoscritte al termine dell’asta dell’inoptato per un importo massimo di Euro 857 milioni”. Con 857 milioni di euro blindati dalle banche e dal fondo Algebris, l’operazione può partire. Non per niente la stessa Mps ha parlato di una operazione “totalmente garantita”, fornendo anche qualche dettaglio sull’impegno degli investitori terzi.
L’istituto senese “ha ricevuto impegni di sottoscrizione da parte di terzi investitori per complessivi euro 37 milioni” e “alcuni investitori hanno assunto nei confronti dei Garanti impegni relativi alla sottoscrizione di Nuove Azioni per un importo complessivo massimo per oltre il 50% della quota riservata agli azionisti diversi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze MEF”.
Confermato l’impegno del Mef ad “aderire all’operazione (di aumento di capitale) in proporzione alla propria quota di partecipazione al capitale (64,23%) per un importo massimo pari a euro 1,606 miliardi”. I dettagli della ricapitalizzazione da 2,5 miliardi di euro, che a questo punto può partire nei tempi previsti, ovvero il prossimo 17 ottobre, sono stati riassunti da Equita SIM:
“Il Cda di MPS ha fissato i termini e le condizioni per l’aumento di capitale per massimi 2,5 miliardi. L’aumento di capitale prevede l’emissione di massime 1,250 milioni di azioni ordinarie di nuova emissione, con un prezzo di sottoscrizione di € 2 per azione, corrispondente a uno sconto sul TERP pari a 7,8% sulla base del prezzo delle azioni di Mps dell’11 ottobre. Il rapporto di sottoscrizione è pari a 374 nuove azioni ogni 3 azioni MPS attualmente possedute. Il calendario dell’offerta prevede che i diritti di opzione siano esercitabili dal 17 ottobre al 31 ottobre e negoziabili nel periodo dal 17 ottobre al 25 ottobre. L’eventuale asta dell’inoptato si terrà tra il 1 e il 2 novembre. Come noto, il MEF si è impegnato a sottoscrivere tutte le nuove azioni in proporzione alla propria quota di partecipazione pari al 64,2% del valore complessivo massimo dell’aumento di capitale. MPS ha comunicato di aver sottoscritto contratti di garanzia con un pool di banche che si sono impegnate a sottoscrivere, disgiuntamente tra loro e senza alcun vincolo di solidarietà, le nuove azioni non sottoscritte al termine dell’asta dell’inoptato fino ad un ammontare massimo di 807 milioni. Al consorzio di garanzia, si aggiunge inoltre Algebris in qualità di garante e sub-underwriter per una quota complessiva di 50 milioni, portando quindi gli impegni complessivi sull’eventuale inoptato a 857 milioni (sui 900mn da reperire sul mercato)”.
La nota di Equita SIM prosegue, sottolineando che Mps “ha comunque comunicato che investitori hanno assunto nei confronti dei Garanti impegni relativi alla sottoscrizione di nuove azioni per un importo complessivo di oltre il 50% della quota riserva al mercato” e che “l’avvio dell’offerta è subordinato all’approvazione del prospetto da parte della Consob”.
Mps: ennesimo aumento capitale, dopo i 22 MLD bruciati dal 2008
Nell’arco di questi ultimi 14 anni, tra Antonveneta, il crac di Lehman Brothers, la crisi dei BTP e dello spread, ma anche le regole dell’Unione europea e il giogo degli NPL-crediti deteriorati, Mps ha bruciato 22 miliardi di euro, di cui 4,8 miliardi dello Stato.
Il peccato originale di quello che dal 2017 è diventato Monte di Stato è stato commesso con l’acquisto di Antonveneta. Acquisto avvenuto con la regia dell’allora presidente Giuseppe Mussari, nel 2007, per 9 miliardi, “il doppio del suo valore”, da Santander.
Quello di oggi sarà il sesto aumento di capitale lanciato dalla banca, a partire dal 2008: un dettaglio che la dice lunga sull’effetto salvifico di quelle ricapitalizzazioni che sono avvenute nell’arco di questi ultimi 14 anni.
Sono lontane ma sembrano vicine le parole dell’ex amministratore delegato Francesco Profumo che, nel dicembre del 2013, poco prima del voto dell’assemblea degli azionisti che avrebbe rinviato l’operazione di ricapitalizzazione, avvertiva che rinviare l’aumento avrebbe significato far entrare la banca “nella totale incertezza”. Profumo, ora numero uno di Leonardo, avvertiva la banca, rimarcando la frase: “Il Palio è con i contribuenti italiani”, riferendosi al fatto che con l’aumento di capitale “i contribuenti avrebbero ricevuto indietro “i 3,3 miliardi di euro” ottenuti da Mps attraverso i famosi Monti bond.
Alla fine, quell’aumento di capitale tanto voluto da Francesco Profumo, passo cruciale per la restituzione dei Monti Bond, sarebbe stato lanciato. Fine dei problemi? Niente affatto.
Tempo un anno e Mps era di nuovo pubblicamente nei guai, con l’Autorità bancaria europea EBA che, nel 2016, scopriva come la banca fosse messa decisamente peggio di quanto si pensasse. E così, nella storia degli aumenti di capitale lanciati da Mps ci fu anche quello del 2016, quando la banca decise di lanciare una ricapitalizzazione del valore di 5 miliardi sotto il governo Renzi.
Nel capitale il Mef lo Stato era presente con una quota pari al 4%. Era il momento in cui arrivava nella banca il nuovo AD Marco Morelli, dopo l’addio dell’ex ceo Fabrizio Viola.
Peccato che quell’aumento di capitale da 5 miliardi fece flop, diventando preludio alla ricapitalizzazione precauzionale con cui lo Stato decise poi alla fine di prendere il timone di Mps:
decisione che per molti è stata solo una nuova ennnesima disgrazia, per la banca. Mps diventava Monte di Stato, con il Mef azionista di maggioranza con una quota pari al 64%, con l’ok della Ue del 2017.
L’ennesimo inizio di ennesimi drammi tutti senesi, tra cui il flop delle trattative tra il Mef e UniCredit di Andrea Orcel per trovare un cavaliere bianco disposto ad accollarsi la sposa che nessuno, in questi anni, ha voluto.
Nuovi drammi in Borsa visto che il titolo, come ha messo in evidenza un articolo del Sole 24 Ore pubblicato ieri, è reduce da un crollo pari a -74% da inizio anno, “che diventa -79% in 12 mesi e -95% in cinque anni”. Ma domani è un altro giorno, si spera, e oggi si apre, di fatto, un nuovo capitolo nella storia del Monte di Stato.