Borsa Tokyo -2,7% dopo capitombolo Wall Street. Sell off su yen spaventa Bank of Japan
Le principali borse asiatiche perdono il 2% circa, sulla scia del collasso di Wall Street successivo alla pubblicazione del dato Usa relativo all’inflazione. L’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo scende fino a -2,7% nei minimi intraday; sell anche sulla borsa di Shanghai, che cede l’1%; Hong Kong -2,55%, Seoul -1,31%, Sidney -2,43%.
Ieri i principali indici azionari di Wall Street sono capitolati, attaccati da forti sell off. L’indice S&P 500 ha concluso la sessione peggiore dall’11 giugno 2020.
L’esito dei forti smobilizzi è il seguente: il Dow Jones è scivolato di quasi -1.300 punti (-1.278.37 punti, in perdita del 3,94% a livello percentuale), a 31.104,95. Lo S&P 500 è arretrato di 177,74 punti (-4,32%) a 3.932,68 mentre il Nasdaq è crollato di 632,83 punti (o -5,16%), a 11.633,58 punti.
Stando al trend del FedWatch del CME Group, i futures sui fed funds prezzano un rialzo dei tassi di 75 punti base per la terza volta da parte della Fed di Jerome Powell, la prossima settimana, con una probabilità pari al 100%.
La pubblicazione del dato relativo all’inflazione Usa e le conseguenti scommesse dei mercati su una carrellata di ulteriori rialzi dei tassi da parte della Fed di Jerome Powell ha fatto schizzare i tassi dei Treasuries a livelli record.
In particolare, i tassi dei Treasuries Usa a 2 anni sono volati di oltre 17 punti base, al 3,748%, dopo aver toccato durante la sessione un massimo intraday pari al 3,794%, livello massimo dal novembre del 2007.
Dopo essere crollato al minimo degli ultimi 24 anni, sulla scia dei buy che si sono riversati sul dollaro Usa, scendendo fino a quota 145 circa, lo yen giapponese sta recuperando lievemente terreno. Incidono le indiscrezioni del quotidiano finanziario Nikkei, secondo cui la Bank of Japan, banca centrale del Giappone, starebbe “monitorando i tassi”, tenendosi pronta a un intervento sul mercato del forex, visto il continuo indebolimento della moneta.
Nel mese di agosto, l’inflazione degli Stati Uniti misurata dall’indice dei prezzi al consumo è rallentata al ritmo annuo dell’8,3%, rispetto al +8,5% di luglio. L’indebolimento dell’indice CPI è avvenuto tuttavia a un ritmo inferiore di quanto atteso dal consensus degli analisti, che avevano previsto un aumento pari a +8,1%.
Su base mensile l’inflazione headline è salita inoltre dello 0,1%, rafforzandosi rispetto al dato invariato di luglio, e confermando una crescita superiore, anche in questo caso, alle stime, che erano per un calo dello 0,1%.
La componente core dell’inflazione ha alimentato ulteriormente i timori degli investitori, balzando ad agosto del 6,3% su base annua, così rafforzandosi rispetto al +5,9% di luglio, e ben oltre il +6,1% stimato; su base mensile, l’indice CPI core è salito dello 0,6%, oltre il +0,3% stimato e il doppio rispetto al precedente +0,3% di luglio.