Wall Street: contrazione Pil Usa lancia alert recessione tecnica. Powell si sbaglia? Titolo Meta crolla -7%
Il timore di una recessione negli Stati Uniti sembra farsi reale, smentendo quanto ha detto proprio ieri il numero uno della Fed Jerome Powell, ovvero che gli Stati Uniti non sono in recessione.
Eppure, dal fronte macroeconomico Usa e all’indomani del Fed Day, è arrivato il dato sul Pil Usa che, nel secondo trimestre dell’anno, si è contratto per la seconda volta consecutiva.
Alle 16 circa ora italiana, il Dow Jones scende di 140 punti (-0,44%), a 32.056 punti circa; lo S&P 500 arretra dello 0,57% a 4.001 punti, mentre il Nasdaq sottoperforma con una flessione dello 0,83% a quota 11.938.
Il prodotto interno lordo americano è sceso di fatto, nel periodo compreso tra i mesi di aprile e di giugno, dello 0,9%, facendo peggio della crescita pari a +0,3% attesa dagli analisti intervistati da Dow Jones, dopo il -1,6% del primo trimestre. Secondo molti economisti, si parla di recessione tecnica proprio in caso di contrazione del Pil per due trimestri consecutivi, come è avvenuto nel caso Usa.
Tuttavia proprio ieri, nel Fed-Day, e nella conferenza stampa successiva all’annuncio sui tassi Usa – che sono stati alzati di 75 punti base per la seconda volta consecutiva, al nuovo range compreso tra il 2,25% e il 2,5% – il presidente dell’istituzione, Jerome Powell, aveva detto di non credere che l’economia Usa fosse in recessione.
“Pensate a cosa sia una recessione. E’ una contrazione diffusa che colpisce diverse industrie, e che dura per più di un paio di mesi. E non mi sembra che sia così, in questo momento – ha detto Powell – Il vero motivo è rappresentato dal mercato del lavoro, che si è confermato un segnale così forte di solidità economica da mettere in discussione i dati sul Pil”.
Nel vivo della stagione delle trimestrali, sono stati resi noti ieri, dopo la fine della sessione a Wall Street, i conti di Meta Platforms, ex Facebook.
Netta la delusione per gli utili della Big Tech guidata da Mark Zuckerberg: nel secondo trimestre dell’anno, Meta ha riportato un calo del fatturato peggiore delle attese, deludendo le stime sugli utili e comunicando una guidance sorprendentemente debole che parla di un secondo calo consecutivo delle vendite su base annua.
Il titolo è in calo del del 7,7% circa.
L’utile per azione (eps) di Meta è stato pari a $2,46, al di sotto dei $2,59 per azione attesi dal consensus degli analisti intervistati da Refinitiv.
Il fatturato è stato di $28,82 miliardi, lievemente inferiore ai $28,94 miliardi attesi.
Gli utenti attivi giornalieri si sono attestati a 1,97 miliardi, meglio degli 1,96 miliardi attesi da StreetAccount. Gli utenti attivi mensili sono stati 2,93 miliardi, rispetto ai 2,94 miliardi previsti. Il fatturato medio per utente è stato pari a $9,82 contro i $9,83 attesi.
Ieri boom della borsa Usa. Il Dow Jones Industrial Average è balzato di 436,05 punti, o di quasi +1,4%, a 32.197,59; lo S&P 500 ha guadagnato il 2,62% a 4.023,61. Il Nasdaq Composite ha messo a segno un rally del 4,06% a 12.032,42.
Il rally della vigilia di Wall Street si spiega con un’altra frase proferita da Powell, che ha mostrato ai mercati una view meno hawkish sul trend dei tassi Usa:
“Con la politica monetaria che diventa più restrittiva, diventerà probabilmente appropriato rallentare il ritmo dei rialzi dei tassi, mentre valutiamo in che modo i nostri aggiustamenti cumulativi stanno condizionando l’economia e l’inflazione”, ha detto il numero uno della Banca centrale americana.
Praticamente, Jerome Powell ha lasciato intendere che la prossima mossa di politica monetaria, in calendario nel mese di settembre, dipenderà dai dati macro.
Ma un articolo di Bloomberg fa sorgere il dubbio che i mercati abbiano preso un abbaglio (o l’abbaglio lo ha preso Powell, nel dire di non credere che ci sia una recessione negli States?).
Neil Dutta, responsabile della divisione di ricerca economica Usa presso Renaissance Macro Research LLC, ha commentato l’euforia di mercato scatenata dalle dichiarazioni di Powell con le seguenti parole:
“Non credo che l’inflazione coopererà in un modo che renderà eventuali tagli (dei tassi) plausibili. Powell ha detto ripetutamente che l’economia deve rallentare il passo al fine di centrale il target (della banca centrale Usa), dell’inflazione. Una recessione modesta probabilmente non basterà. (la Fed) Dovrà fare di più”, ovvero dovrà portare l’economia a fare peggio. Peggio del calo pari a -0,9% riportato dal Pil Usa nel secondo trimestre?
Il timore recessione è confermato anche dal trend dei tassi sui Treasuries Usa: quelli decennali sono scesi dopo la pubblicazione del dato relativo al Pil al 2,721%, mentre quelli dei Treasuries a 2 anni sono scivolati di sette punti base al 2,899%.
I tassi a due anni si sono dunque mantenuti superiori ai tassi decennali, fattore che conferma l’inversione della curva dei rendimenti, fenomeno tra l’altro considerato da molti economisti anticipatore di una recessione.