Petrolio in ripresa dopo grande crollo, per analisti difficile che i ribassi continuino
Petrolio in risalita dopo il crash della vigilia dovuto ai timori di una recessione globale in arrivo. Il petrolio WTI riagguanta quota $100 al barile, mentre il Brent viaggia in area 104 $, in progresso dell’1,5% circa dopo il tonfo del 9,45% della vigilia (toccato minimo a 101,10 $).
Ieri i timori di una recessione hanno alimentato le vendite sul petrolio. Citigroup ha pronosticato, in caso di recessione profonda, una caduta del Brent fino a 65$ alla fine di quest’anno e a 45 dollari nel 2023. Previsione che si basa sull’eventualità di uno scenario di recessione acuta che va a ridurre la domanda e ipotizzando l’assenza di qualsiasi intervento da parte dei produttori OPEC+ e su un calo degli investimenti petroliferi.
Ieri è arrivata anche la notizia che il governo norvegese è intervenuto per porre fine allo sciopero nel settore petrolifero e gas che aveva ridotto la produzione e creato una situazione di stallo che avrebbe potuto peggiorare la crisi energetica dell’Europa (con soprattutto il prezzo del gas che era lievitato nelle ultime sedute).
Goldman Sachs ha bollato il violento sell off di ieri del petrolio come “eccessivo” in quanto i consumi di petrolio stanno viaggiando a ritmi superiori a quelli dell’offerta, a fronte di un livello di scorte che rimane pericolosamente basso. “Sebbene le probabilità di una recessione stiano di fatto crescendo, è prematuro per il mercato petrolifero soccombere a tali preoccupazioni”, argomentano gli analisti di Goldman Sachs. “L’economia globale sta ancora crescendo, con l’aumento della domanda di oil che quest’anno dovrebbe sovraperformare in modo significativo la crescita del Pil”.
“Il mercato petrolifero rimane caratterizzato da una offerta scarsa e, data l’aspettativa che l’offerta di petrolio russo possa diminuire durante l’anno, il mercato è destinato a restare in questa situazione. Pertanto, prevediamo che qualsiasi ulteriore ribasso sarà abbastanza limitato”, commentano da ING.
Nel weekend aveva fatto clamore l’indicazione di JP Morgan circa il rischio che il prezzo del Brent lieviti fino al livello record di 380 dollari se la Russia apportasse tagli consistenti alla produzione (5 mln di barili al giorno in meno) in risposta a un eventuale price cap sul petrolio russo.
E l’ex presidente russo Dmitry Medvedev ha anche avvertito che una proposta del Giappone per limitare il prezzo del petrolio russo a circa la metà del suo livello attuale porterebbe a una diminuzione significativamente del petrolio sul mercato e spingerebbe i prezzi al di sopra di $ 300- $ 400 al barile.