G7 verso accordo tetto prezzi petrolio russo (e gas?). Ma gli economisti storcono il naso
Obiettivo dei grandi del G7: stabilire un price cap, un tetto ai prezzi del petrolio importato dalla Russia per continuare a prosciugare le casse di Mosca, e strangolare dunque i finanziamenti che sostengono la macchina da guerra di Vladimir Putin contro l’Ucraina. Si parla di price cap anche in riferimento al tetto sul prezzo del gas, su cui il presidente del Consiglio Mario Draghi continua a spingere, forte dell’appoggio della Francia di Emmanuel Macron.
“L’obiettivo doppio dei leader del G7 è quello di colpire le entrate di Putin, in particolare quelle che derivano dall’energia, ma anche di minimizzare gli effetti contagio e l’impatto sulle economie del G7 e il resto del mondo”, ha riportato l’agenzia di stampa Reuters, sulla base di quanto riferito da un funzionario a margine della riunione del G7, che si sta tenendo a Elmau, Baviera, in Germania. In collegamento video, i leader del G7 hanno ascoltato le parole del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy.
Diramato alla fine della giornata dei lavori il comunicato dei grandi del pianeta, che hanno promesso il loro sostegno all’Ucraina per tutto il tempo necessario. Il gruppo, si legge nella nota, si impegna a “sostenere e intensificare le pressioni internazionali economiche e politiche contro il regime di Putin e la complice Bielorussia. Continueremo a inviare sostegni finanziari, umanitari, militari e displomatici e a rimanere al fianco dell’Ucraina per tutto il tempo necessario”. Il presidente del Consiglio Mario Draghi si è così espresso: “Siamo insieme all’Ucraina, perché se l’Ucraina perde, perdono tutte le democrazie. Se l’Ucraina perde, sarà più difficile sostenere che la democrazia sia un modello efficiente del governo”.
G7 verso accordo su price cap petrolio e gas
Ma cosa dire della proposta di imporre un tetto ai prezzi del petrolio e ai prezzi del gas della Russia? (proposta caldeggiata soprattutto da Draghi, per affrontare i problemi del caro-energia che angustiano i cittadini italiani, e per smorzare più in generale le fiammate dell’inflazione, che stanno provocando non pochi mal di testa alla Bce di Christine Lagarde) .
Gli Stati Uniti hanno riferito che il G7 è vicino a stilare un piano volto a stabilire il price cap: “Sta emergendo il consensus…che il tetto al prezzo del petrolio possa essere un modo serio per arrivare a quel risultato”, ha commentato il consulente alla sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan, parlando con i giornalisti al summit tedesco del G7.
Un funzionario Usa senior ha fatto riferimento inoltre al progresso delle trattative tra gli esponenti del G7 – Regno Unito, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone e Stati Uniti:
“Siamo ancora nella fase finale delle trattative con altre controparti del G7 per finalizzare (la proposta), ma siamo molto vicini all’obiettivo del G7 di indirizzare i rispettivi ministeri a sviluppare un meccanismo che fissi un tetto al prezzo del petrolio russo, a livello globale”, ha precisato il funzionario, secondo quanto riportato dalla France Press.
Praticamente, i leader dei G7 hanno raggiunto un accordo per dare mandato ai rispettivi ministeri dell’Energia di studiare l’opzione del tetto ai prezzi del gas e del petrolio. Sullivan ha ricordato tuttavia che il principale ostacolo all’idea di stabilire un tetto ai prezzi del petrolio non è rappresentato tanto dalla volontà di andare in questa direzione ma dagli aspetti tecnici e logistici decisamente immensi da affrontare:
“Si tratta di un nuovo tipo di sfida da gestire, e di come farlo con un paese che vende milioni di barili di petrolio al giorno, di come privare questo paese di parte delle sue entrate”. Dal canto suo la Francia ritiene che il price cap “sarebbe più potente se venisse deciso dai paesi produttori”, e che dunque sia necessario lavorare sia con l’Opec+ che con altri produttori di petrolio.
Controllo prezzi? Il flop ‘Whip Inflation Now (WIN)
Ma da un punto di vista economico, quali ripercussioni avrebbe l’imposizione di un tetto ai prezzi del petrolio e del gas importati dalla Russia? Un articolo di Politico riporta le reazioni di alcuni economisti, tra cui quella di Simone Tagliapietra, analista del mercato dell’energia presso il think tank Bruegel di Bruxelles: “Non vedo come una cosa del genere possa funzionare, visto che si tratterebbe di una mossa conflittuale che potrebbe portare i paesi produttori a tagliare la produzione.
E non possiamo certo permetterci di avere una guerra energetica in questo momento”.
Ancora più lapidario Adam Posen, direttore generale delr Peterson Institute for International, think tank di Washington think tank: “E’ una proposta destinata a fallire”. “Si tratta di un film già visto, agli inizi degli anni ’70, durante la fiammata dell’inflazione esacerbata dalla prima crisi petrolifera – concorda John J. Kirton, professore di scienze politiche presso l’Università di Toronto, direttore del gruppo di ricerca del G7 – Diverse volte i governi del G7 hanno interferito con quello che i nostri amici americani chiamano la ‘magia del mercato‘. Ci sono stati controlli sui prezzi. Controlli sui prezzi con il padre dell’attuale primo ministro canadese Justin Trudeau”.
Il riferimento è a Pierre Trudeau, che vinse le elezioni, così riporta Politico, ridicolizzando la proposta del candidato sfidante di imporre un controllo sui prezzi, per poi adottarla lui stesso una volta eletto.
Negli stessi anni, il presidente americano Gerarld Ford lanciò il programma “Whip Inflation Now”, che però fallì e divenne anche oggetto di scherno nei programmi serali televisivi. Secondo Kirton, prima di tutto i leader del G7 dovrebbero cercare di comprendere il problema che stanno cercando di risolvere: “Se il problema è l’inflazione, allora la prima domanda da porsi è fino a che punto questa sia causata dall’eccesso della domanda o da una offerta insufficiente – e se si tratta di una offerta insufficiente, ha a che fare con il danno alle catene di approviggionamento provocato dal Covid e da tanti altri fattori? Se invece la causa è la domanda in eccesso, allora la prima linea di difesa è rappresentata dalle banche centrali“.
Ma, sentenzia Kirton, “i controlli sui prezzi, in generale, non aiutano granché”.
Tornando al Whip Inflation NOW (WIN), in tempi di inflazione che accelera in tutto il mondo a causa delle conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina e delle sanzioni imposte contro il regime di Vladimir Putin, il caso è rispuntato nei dibattiti americani diverse volte.
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Nell’ottobre del 1974, con l’inflazione Usa misurata dall’indice dei prezzi al consumo che viaggiava a un ritmo superiore del 10% su base annua, il presidente degli Stati Uniti Gerald Ford tenne un discorso che rimase nella storia, con cui proclamò che: “C’è solo una cosa su cui tutti hanno concordato: dobbiamo ‘whip the inflation’ (letteralmente ‘frustare l’inflazione’) “.
L’iniziativa venne concepita come arma per combattere l’inflazione galoppante, e come strumento per convincere i cittadini americani a frenare gli aumenti dei prezzi e dei salari, invitandoli al contempo a privilegiare il risparmio e a frenare i consumi. La campagnia WIN (in lingua inglese ‘vincere’) più che una vittoria fu un vero e proprio flop, tanto che l’inflazione made in Usa peggiorò anche, verso la fine degli anni Settanta, schizzando alla fine della presidenza di Gerald Ford al 15% rispetto all’11% dell’inizio del suo mandato, seguito alle dimissioni di Richard Nixon nel 1974.