Panico Fed e tassi a Wall Street: DJ -700 punti, buca soglia 30.000 punti. Nasdaq -3,4%
Panico tassi a Wall Street post stretta di 75 punti base da parte della Fed.
I sell off fanno precipitare il Dow Jones di 700 punti circa, portando l’indice a bucare la soglia di 30.000 punti e a scendere al livello minimo in oltre un anno. La soglia di 30.000 punti viene bucata inoltre per la prima volta dal 4 gennaio del 2021. Lo S&P 500 cede alle 16.30 circa il 2,69% a 3.686,90, mentre il Nasdaq capitola -3,4% a 10.721.
I mercati sia azionari che dei titoli di stato sembrano svegliarsi dopo la reazione positiva di ieri, inizialmente sostenuta dalla fiducia nella capacità della Fed di Jerome Powell di vincere l’impennata dell’inflazione Usa.
Ieri il Fomc, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, ha annunciato un rialzo dei tassi di 75 punti base, come scommesso dai mercati, al nuovo range compreso tra l’1,5% e l’1,75%, al valore più alto dal periodo precedente l’esplosione della pandemia Covid-19. La stretta monetaria è stata la più forte dal 1994.
Ma nelle ultime ore è prevalso il timore che la stretta monetaria sia stata eccessiva. Spaventa inoltre il rischio di un Volcker Shock: il riferimento è all’ex presidente della Fed Paul Volcker che, come ha ricordato un articolo del Guardian precedente l’annuncio della vigilia della banca centrale americana, “è diventato leggendario come il banchiere centrale che ha fatto scivolare la più grande economia del mondo in una profonda recessione, pur di scacciare l’inflazione dal sistema”.
Volcker alzò i tassi Usa dal 10,5% del luglio del 1979 al 17,6% dell’aprile del 1980, portando poi il costo del denaro fino al 20% (finendo per causare una recessione).
C’è da dire che i tassi Usa ora oscillano tra l’1,5% e lo 1,75% dopo la mossa di Jerome Powell, neanche paragonabili a quelli di 40 anni fa.
Ad alimentare i timori di una stagflazione, ma anche di una recessione-hard landing è la carica hawkish di molte banche centrali nel mondo.
Dopo la Fed, oggi anche la SNB, Banca centrale svizzera, ha alzato i tassi, tra l’altro per la prima volta in 15 anni: la stretta è stata di 50 punti base, e porta i tassi dal -0,75% al -0,25% (sempre negativi).
Stretta monetaria anche da parte della l’annuncio della Bank of England, BOE: la banca centrale del Regno Unito ha alzato i tassi principali di riferimento degli UK di 25 punti base, dall’1% all’1,25%, ovvero record degli ultimi 13 anni.
Si tratta della quinta stretta consecutiva, che conferma la lotta della banca centrale contro l’inflazione, che galoppa al ritmo più alto degli ultimi 40 anni, pari a +9% su base annua. E, in seno alla Commissione di politica monetaria, i falchi hanno dovuto ingoiare anche il rospo: la decisione di alzare il costo del denaro di 25 punti base è stata infatti votata da sei dei nove membri della Monetary Policy Committee; tre membri del panel hanno votato per un rialzo di 50 punti base, che avrebbe portato i tassi all’1,5%, e che sarebbe stato il più alto dal 1995. Ulteriori manovre restrittive sono all’orizzonte.
Inizialmente, subito dopo l’annuncio della Fed di ieri sui tassi, i rendimenti dei Treasuries, proprio per lo stesso motivo che aveva scatenato i buy sull’azionario Usa, ovvero la fiducia nella capacità della Fed di azzoppare il rialzo dell’inflazione, erano crollati: quelli a 10 anni erano capitolati, subito dopo l’annuncio, di 18 punti base, al 3,301%, dopo essere volati alla vigilia al record degli ultimi 11 anni, al di sopra del 3,49%. I tassi a due anni, più sensibili alle decisioni di politica monetaria della Fed, avevano riportato un crollo di oltre 22 punti base, al 3,216%.
Ma i timori di stagflazione e la prospettiva di nuove strette monetarie da 75 punti base infiammano di nuovo i rendimenti dei Treasuries: quelli a 10 anni tornano al 3,4%, quelli a due anni avanzano al 3,372%, balzando di ben 9 punti base.