Fmi: in alcuni casi necessari bail-in o chiusura banche. Washington chiama a rapporto l’Italia?
In alcune frasi, la parola Italia compare chiaramente. In altre, si parla in generale di alcune questioni in cui la parola Italia non compare. Ma, visto il dossier ancora aperto sulle banche venete – anche se il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan ribadisce che non ci sarà il bail-in – e, considerato che quando si parla di difficoltà di banche e di crediti deteriorati, l’Italia si conferma quasi sempre protagonista, l’impressione è che il monito abbia come target soprattutto Roma.
Nel documento finale dell’FMI, che riassume ciò che è emerso dalla missione dei funzionari del Fondo Monetario Internazionale nei paesi dell’area euro, si affrontano diverse questioni: la ripresa economica dell’Eurozona, la necessità di ricorrere a nuove riforme strutturali, la sfida rappresentata dalla Brexit, i debiti ancora troppo elevati che caratterizzano determinati paesi – e qui il riferimento chiaro all’Italia c’è stato – , e la questione-gestione dei crediti deteriorati. Ancora, l’effetto che la decisione della Bce di smorzare il suo programma di Quantitative easing avrebbe proprio sui paesi con debiti elevati.
Riguardo al tema delle banche, l’Fmi non fa tanti giri di parole. In alcuni casi, a suo avviso, la razionalizzazione dello staff e di filiali è necessaria. Così’ come è necessaria la chiusura delle stesse banche. Washington rileva poi una certa riluttanza dei governi ad applicare la direttiva sul bail-in.
Così si legge nella sezione del documento dedicata agli NPL e alle crisi bancarie:
“In alcuni paesi i progressi nel processo di riduzione degli NPL sono lenti, anche se le recenti azioni di supervisione sono incoraggianti. Sebbene i problemi della qualità degli asset siano concentrati in poche nazioni, essi gettano un’ombra notevole, costituendo una sfida “rilevante” per l’intera Ue. La supervisione della Bce sugli NPL dovrebbe essere applicata in modo proporzionato a tutte le istituzioni di credito dell’Eurozona, e seguita da un severo monitoraggio. A una supervisione rafforzata dovrebbero affiancarsi continui processi di armonizzazione e modernizzazione dei quadri normativi nazionali che riguardano i casi di insolvenza a livello societario e familiare, così come sarebbe necessario sviluppare mercati per i debiti in difficoltà”.
A tal proposito, Washington chiede all’Unione europea un piano che disciplini la creazione di società nazionali di gestione che abbiano il compito di acquistare gli asset in condizioni di stress (una bad bank?).
La messa a punto di un tale piano “darebbe maggiore chiarezza e certezza ai paesi e agli investitori sul rispetto (da parte dei paesi europei) delle regole sugli aiuti di Stato e sull’osservanza della Direttiva sulla ripresa e la risoluzione delle banche, la BRRD, che di fatto è quella che regolamenta il bail-in”.
Proprio sul bail-in, l’Fmi insiste:
“Casi di bassa redditività delle banche richiedono un’azione concertata, risoluzioni incluse quando è necessario. Le banche hanno bisogno di essere sottoposte a fasi di consolidamento e ristrutturazione, di chiudere quelle linee di business che non sono redditizie, di sviluppare nuove fonti di redditi che non siano legate agli interesse, di razionalizzare i loro staff e le loro reti di filiali”.
Continuando:
“Sebbene alcune grandi banche, sotto pressione dai mercati, abbiano lanciato di recente operazioni di aumenti di capitale migliorando di recente la propria redditività, debolezze di natura strutturale continuano a deprimere i profitti in diverse banche di media e piccola dimensione”.
E qui la constatazione dell’Fmi che sa quasi di un altro monito e che inevitabilmente fa pensare ai casi delle banche venete Veneto Banca e Popolare di Vicenza:
“Ci sono stati pochi bail-in così come poche banche sono state chiuse. E ciò lascia pensare a una riluttanza da parte delle autorità nazionali ad applicare a pieno la direttiva BRRD (sul bail-in) e all’assenza di una coordinazione tra le diverse istituzioni dell’area euro coinvolte. E i ritardi producono incertezza e ostacolano un processo di consolidamento di cui il settore fortemente necessita”.
L’Italia viene chiamata invece direttamente in causa, invece, laddove nel documento si legge:
“I paesi che presentano debiti elevati e dispongono di pochi margini di manovra fiscale- o in cui tali margini sono assenti – soprattutto l’Italia e il Portogallo, ma anche la Francia, dovrebbero consolidare gradualmente in un modo che non minacci la crescita la creazione di cuscinetti“: dunque, creare spazi di manovra fiscale, sia risparmiando risorse di budget, che riducendo il debito pubblico, in base alla stessa definizione di ‘fiscal buffer’ data dall’Fmi.
Tali paesi, insomma, “devono sfruttare i vantaggi della ripresa e quanto rimane della politica monetaria accomodante” inaugurata dalla Bce.
E sempre l’Italia, così come la Spagna, “deve intraprendere ulteriori riforme, sia nel mercato del lavoro sia in quello dei prodotti”.
Sulle condizioni in cui versa l’Eurozona, l’Fmi sottolinea:
“la ripresa ha accelerato il passo, attraverso un ciclo virtuoso di consumi privati e di creazione di occupazione. Ciò fornisce un’opportunità eccellente per proseguire le riforme necessarie per rafforzare l’Unione economica e monetaria. Allo stesso tempo, a livello di singoli paesi, c’è bisogno di riforme strutturali che possano sostenere la crescita della produttività, ridurre i divari di competitività e aiutare ad alimentare la convergenza dei redditi nell’Unione”.
Proprio riguardo ai redditi, nel ricordare che l’area euro fa fronte a debolezze e squilibri fortemente radicati, il Fondo Monetario Internazionale fa notare come con l’integrazione dei paesi europei non si sia ancora concretizzata la promessa di redditi più elevati.
E, “in senso più lato, tutti i paesi fanno fronte a incertezze che attengono al commercio globale, alla Brexit, ai fattori geopolitici”.
Dunque, “sebbene, almeno fino a ora, la ripresa ciclica sia stata resiliente in modo impressionante agli choc, sono necessari maggiori progressi nel risolvere l’eredità della crisi”.