Giorno X per banche venete. Intesa SanPaolo verso acquisto good bank, valuta rischi e nodo esuberi
Intesa SanPaolo sarebbe in prima linea, pronta a rilevare gli asset performanti delle due banche venete. Questa sembra l’unica certezza allo stato attuale delle cose.
Oggi scade il termine per presentare a Rothschild, advisor del Tesoro, le offerte, e l’istituto guidato dall’amministratore delegato Carlo Messina potrebbe decidere sempre oggi sul da farsi.
Nel nuovo schema oggetto di trattative tra il ministero del Tesoro, l’Unione europea e la Bce, ci sarebbe come soluzione non più quella della ricapitalizzazione precauzionale, quanto, piuttosto, la liquidazione ordinata, contemplata tra l’altro nella stessa direttiva BRRD sulle risoluzioni bancarie.
Nelle ultime ore sarebbe diventata meno probabile la partecipazione di quelle poche banche che avevano mostrato una certa apertura nei confronti dell’operazione di salvataggio. Iccrea avrebbe deciso di no, a causa dello scetticismo manifestato dalla Bce sulla sostenibilità dell’operazione, mentre UniCredit ha messo in chiaro che non parteciperà a una soluzione a due. (solo con Intesa SanPaolo).
A margine del Forum italo tedesco, rispondendo ai rumor sul salvataggio delle due banche venete da parte di UniCredit e Intesa SanPaolo, Giuseppe Vita, presidente dell’istituto di Piazza Gae Aulenti, è stato chiaro:
“Siamo a disposizione a partecipare a una soluzione di sistema. Se si torna a una soluzione a due no. Poi se altri trovano una soluzione migliore ben venga. Siamo per coinvolgere la grandissima parte delle banche in modo proporzionale”, pro quota. Vita ha negato inoltre che UniCredit sia stata convocata dal Tesoro:”No, ma ci sono colloqui costanti, la situazione cambia da un giorno all’altro, è un work in progress”, e ha affermato di essere comunque
“un po’ più ottimista rispetto a 15 giorni fa”.
Lo schema a questo punto sembrerebbe replicare quanto fatto per le quattro banche sottoposte a risoluzione nel 2015 Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara: avviare una separazione netta tra asset non performanti e asset performanti.
Ciò avverrebbe attraverso uno spin off dei crediti deteriorati che zavorrano i bilanci delle venete e che ammontano a 10 miliardi di euro. Gli NPL verrebbero poi dirottati nella bad bank, di cui si farebbe carico lo Stato, convogliando in essa quelle risorse, 5 miliardi di euro, che aveva intenzione di utilizzare nello schema di ricapitalizzazione precauzionale.
Nel ripulire le banche, il fine ultimo sarebbe quello di provvedere a una cessione della good bank. Good bank che sarebbe ceduta a un prezzo simbolico – si parla di 1 euro – da Intesa SanPaolo, per l’appunto.
Prima della cessione, le perdite dovrebbero essere coperte con il coinvolgimento degli azionisti e dei detentori dei bond subordinati, ma non di quelli senior. Sebbene un alert in tal senso sia arrivato nelle ultime ore da Fitch. Per l’agenzia di rating, infatti, in assenza di una ricapitalizzazione precauzionale, le perdite colpirebbero anche i bond senior.
Il problema per Intesa, inoltre, è che i rischi non mancherebbero. Mediobanca Securities ieri ha formulato quattro scenari, che includono anche un aumento di capitale da 2,5 miliardi e il taglio dei dividendi 2017 di ben -90%. Ma l’AD Messina, scrive oggi Il Sole, avrebbe scartato tali ipotesi, in vista della definizione del nuovo piano industriale che ora, con la zavorra delle banche venete, sarà sicuramente sottoposto a qualche modifica.
Il Sole scrive:
“Sul tavolo la possibilità di diventare leader di mercato in una delle aree più competitive del paese (dove ora è terza, il Veneto). Visti i problemi di Pop Vicenza e Veneto Banca, tuttavia, “l’acquisizione – anche se al prezzo simbolico di un euro – rischia di essere rischiosa”. Intesa SanPaolo lo sa bene ed è per questo che “pretende chiarezza assoluta sulle condizioni a cui potrebbe avvenire la cessione: zero npl e ricapitalizzazione degli asset in via di trasferimento in modo da non annacquare il patrimonio di vigilanza della banca (con il Common equity al 12,9)”.
Ancora, l’istituto di credito vorrebbe “la necessaria copertura pubblica delle eccedenze di personale”, dunque punterebbe sulla disponibilità del governo ad allargare la dotazione del fondo esuberi per il personale bancario. Secondo il Sole 24 Ore ci sarebbero 6.000 lavoratori di Veneto Banca e Pop Vicenza: ma gli esuberi potrebbero alla fine interessare anche il personale di Intesa SanPaolo in quanto, accollandosi le due banche venete, la banca sarebbe “inevitabilmente destinata a razionalizzare la propria presenza in alcune aree”.