Mps, Bastianini ammette rischio di 4000 esuberi. Sileoni (FABI): ‘Mef lavora su piano molto pesante’
Mps in versione stand-alone: senza UniCredit e senza nessun’altra banca all’orizzonte che voglia farle da stampella la banca senese rimane sola, con tante sfide da affrontare.
In primis il nuovo piano industriale 2022-2026, di cui, tenendo comunque la bocca cucita sull’ammontare dell’aumento di capitale, il numero uno Guido Bastianini ha parlato.
Così come il ceo di UniCredit Andrea Orcel, e per lo stesso motivo, ovvero per commentare l’esito negativo delle trattative tra Piazza Gae Aulenti e il Tesoro sul futuro della banca senese, Bastianini è comparso ieri in audizione alla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario presieduta da Carla Ruocco.
Il focus del mercato è ora tutto sul nuovo piano industriale: sarà quella infatti la base da cui partiranno i negoziati tra il Tesoro e la Commissione europea sul futuro dell’istituto.
La situazione in cui versa il Monte non è certo invidiabile. Tra le altre cose, è arrivata anche la pubblicità non proprio progresso su Mps firmata da Andrea Orcel, che non ha fatto nulla per nascondere il timore, percepito in generale, che la banca finisca con il cedere a logiche politiche più che di mercato. Timore che, secondo il ceo di UniCredit, spiega la diffidenza nei suoi confronti di qualsiasi operazione che la riguardi.
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BBVA risponde a domanda su M&A con Mps: ‘No, proprio no’
A questo, si deve aggiungere anche il no a una eventuale operazione di M&A con l’istituto da parte della banca spagnola BBVA.
In un’intervista rilasciata al IlSole24ore, il ceo Onur Genc, nel rispondere a una domanda sul recente sbarco della banca in Italia e su un ipotetico interesse a “un’aggregazione con la più antica banca del mondo”, ha detto no due volte: “No, proprio no”, aggiungendo che il no è rivolto anche alle aggregazioni panaeuropee in generale:
“Abbiamo un approccio disciplinato alle M&A. Ogni opportunità viene analizzata in base alla sua creazione di valore per gli azionisti e dovrà competere e superare il rendimento di altre alternative di impiego del capitale. Detto questo, il nostro obiettivo è e rimane la crescita organica”, ha precisato Genc.
Bastianini ha confermato i prossimi passi che il Monte dovrà compiere, confermando l’iter illustrato dal Mef.
Dopo l’esito negativo dei negoziati tra il Tesoro e UniCredit, Via XX settembre – , maggiore azionista del Monte dalla ricapitalizzazione precauzionale del 2017 – dovrà bussare alla porta della Commissione europea, chiedendo in primis più tempo.
La richiesta in realtà è stata già inoltrata, come aveva detto lo stesso ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco, qualche giorno fa, in occasione della conferenza stampa indetta per commentare la legge di bilancio per il 2022 del governo Draghi:
“Abbiamo parlato con la Commissione europea per ottenere una proroga del termine del 31 dicembre per avere tempo di procedere senza fretta e in modo adeguato alla dismissione. Pensiamo che esploreremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi ulteriori possibilità ove non vi fossero e fintanto che non ci saranno continueremo a gestire Mps come azionisti cercando di farla diventare una banca efficiente e solida. Il settore bancario è in profonda trasformazione, risente della digitalizzazione e una banca di dimensioni medie come Mps è opportuno si aggreghi ma non siamo disposti a cederla a qualsiasi prezzo e a qualsiasi modo”.
Qualche giorno dopo il direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera aveva rigettato qualsiasi ipotesi di Mps banca pubblica forever:
“la permanenza sine die nel capitale della banca non é uno scenario ipotizzabile. Quindi a prescindere da quale sia la tempistica nuova da ridefinire della soluzione, la privatizzazione costituisce in ogni caso un punto di arrivo necessario. In coerenza, il Ministero nel rispetto del Dpcm è ancora incaricato di dismettere la partecipazione anche con operazioni straordinarie”.
Rivera aveva precisato come il Tesoro fosse concentrato sul “piano della Banca da presentare alle autorità coinvolte ed al mercato“, anticipando:
“Il piano prevede un aumento di capitale ed è molto probabile che sia necessario anche dopo che il piano sarà rivisto (…) un piano solido che già esiste ma sul quale va innestata una discussione”.
Nel comunicato con cui la banca senese aveva poi diramato i risultati di bilancio del terzo trimestre, Mps informava che avrebbe proceduto alla revisione del piano, “iniziativa propedeutica all’operazione di aumento di capitale“.
Di questo, ovvero del nuovo piano industriale, ha parlato in Commissione l’amministratore delegato Guido Bastianini, che ha precisato che “l’aumento di capitale richiede la prospettiva di una azienda che sia in grado di Camminare sulle proprie gambe”.
A a chi gli ha chiesto se la cifra dei 2,5 miliardi per l’aumento di capitale della banca fosse ancora attuale, Bastianini ha risposto:
“Se lo dicessi oggi il capitale necessario avrei già completato il piano industriale, non lo dico non per essere omissivo ma perchè un aumento di capitale va ponderato bene innanzitutto per le iniziative che sono il presupposto, una revisione delle iniziative strategiche che riguarderanno il perimetro del gruppo”.
Nel corso dell’audizione, il ceo ha ammesso che Siena non è riuscita a centrare gli obiettivi prefissati con la Commissione europea nel 2017 riguardo ai costi del personale.
Nel periodo 2017-2021, ha fatto notare, il numero dei dipendenti del Monte dei Paschi è calato di oltre 4.000 unità, con una riduzione del 17% circa che tuttavia, ha precisato, “non consentirà di conseguire il target di 20.085 unità entro la fine del 2021”. Mps conterà infatti a fine anno una forza lavoro di 21.300 dipendenti, 1.200 in più circa rispetto alle promesse che la banca aveva fatto all’Ue a fronte dell’ok alla ricapitalizzazione precauzionale di quattro anni fa.
La banca, ha continuato Bastianini, ha centrato invece il target sul taglio degli sportelli, scesi da oltre 2.000 all’inizio del piano di ristrutturazione (2017) a poco più di 1.400, con una flessione superiore al 30%”.
Mps, Bastianini: possibili 4000 esuberi. Sileoni (FABI): nuovo piano sarà molto pesante
Detto questo, ora il nuovo piano rischia di essere pesante, tanto che Bastianini è stato costretto anche a riconoscere il rischio che gli esuberi contemplati nel nuovo piano siano superiori a quelli preventivati: ipotesi diverse rispetto ai 2.500 esuberi contemplati nell’attuale piano, ha detto, “sono possibili e verranno verosimilmente esaminate nella predisposizione delle opzioni strategiche per il periodo 2022-2026”.
Il ceo ha parlato a tal proposito di un fondo esuberi di Mps per l’uscita anticipata, in cinque anni, di circa 4mila dipendenti, che costerebbe alla banca circa 950 milioni da spesare nel primo anno e quindi sul bilancio 2022.
“Monte dei Paschi di Siena potrebbe effettuare ulteriori necessari riduzioni sia dei costi che di personale“, così come potrebbe “aumentare gli investimenti” in tecnologia, ha detto l’AD. Al momento, la banca “sta portando avanti approfondite analisi che hanno la finalità di completare il percorso di ristrutturazione”.
Di questo nuovo piano, ha parlato anche il numero uno della FABI, il segretario generale Lando Maria Sileoni, stando a quanto riporta una nota ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” su Radio Cusano Campus:
“Il Mef sta preparando un nuovo piano industriale che sarà gestito da Mps in sintonia con i sindacati nazionali e sarà un piano molto pesante. Ci sarà una richiesta di riduzione dei dipendenti e delle filiali”. “Il piano – ha ricordato Sileoni – dovrà essere vagliato dalla Commissione Ue e dalla Bce“.
Se queste “non saranno d’accordo interverranno e modificheranno il piano. A quel punto il piano sarà calato sulle organizzazioni sindacali, ci sarà una richiesta di riduzione dei dipendenti e delle filiali. Noi volevamo una soluzione di mercato perché così parecchi problemi sarebbero stati limitati. Mps sarà asciugato, dimagrito nei costi e poi sarà rimesso sul mercato”.
Non è mancato l’affondo contro l’Ue e i favori che, secondo Sileoni, Bruxelles avrebbe fatto alle banche tedesche:
“Trasformarlo in banca pubblica? Non lo vuole la Ue. Fino al 2018 la Germania ha salvato una serie infinita di piccole-medie banche con aiuti di Stato, L’UE alla Germania l’ha permesso, a noi non ce lo permette. Comunque adesso noi siamo in buone mani con Draghi e Franco e una soluzione sarà trovata”.