Petrolio: compliance Opec ancora troppo bassa. Il problema sono i “free-riders”
Nonostante in crescita, la “compliance” dei tagli produttivi Opec resta troppo bassa. A luglio, il calo dell’output saudita e ridotte esportazioni dall’Angola hanno permesso al tasso che misura l’aderenza agli obiettivo fissati dal Cartello (-1,2 milioni di barili giornalieri, -1,8 includendo i Paesi non-Opec) di passare dal 77 all’84 per cento. A dispetto di un evidente miglioramento, il dato è ancora troppo basso se confrontato con gli oltre 90 punti percentuali registrati a inizio anno.
Grazie all’incremento del greggio in arrivo da Tripoli, il mese scorso l’output Opec è salito di 90 mila barili giornalieri spingendosi ai massimi dal 2017. La produzione libica è tornata a superare la fatidica soglia del milione di barili giornalieri (1,6 milioni prima della guerra civile) e il totale del Cartello si è spinto fino a 32,85 milioni.
L’obiettivo del prossimo meeting, in calendario il 7-8 agosto ad AbuDhabi, è di portare il tasso di compliance dell’accordo, che scade a marzo 2018, al 100%. Qualche giorno fa, nel corso di un incontro per il monitoraggio dei tagli produttivi, il Ministro dell’energia saudita, Khalid al Falih, ha precisato che in futuro i “free-riders” potrebbero non essere più tollerati.
“Ci accingiamo a chiedere la partecipazione forzata di tutti”, ha detto Falih facendo ovvio riferimento alle esenzioni concesse a Libia e Nigeria. Inizialmente previste alla luce delle strozzature all’offerta nei due Paesi, le esenzioni sono coincise con la forte ripresa dell’output e hanno finito per neutralizzare un terzo dei tagli decisi dal Cartello.
La crescita della produzione libica potrebbe esser dovuta proprio a questo nuovo atteggiamento: da un lato gli operatori libici puntano a sfruttare al massimo il proprio vantaggio e dall’altro l’obiettivo è incrementare la quota di petrolio su cui verrà calcolato il futuro taglio dell’output.