Stress test Bce su shock tassi, banche superano esame ma con una nota stonata. Focus su italiane
Le banche europee superano la prova degli stress test della Bce sugli shock dei tassi di interesse. E’ quanto comunica la stessa Bce, confermando le indiscrezioni trapelate nel fine settimana.
La nota precisa che, “per la maggior parte delle banche e nel corso dei prossimi tre anni, tassi di interesse più alti si tradurrebbero in un aumento del margine di interesse netto, ma anche in un valore del capitale più basso”.
L’ultima parte della frase, attinente al valore del capitale, non viene evidentemente accolta positivamente dai mercati, nonostante il giudizio complessivamente positivo della Supervisione bancaria della Bce, che sottolinea che gli istituti riuscirebbero comunque a tenere in caso di rialzi shock, ma anche ribassi shock, dei tassi.
Le banche italiane che sono state sottoposte agli stress test (che hanno preso come riferimento i dati relativi ai bilanci del 2016) sono Intesa SanPaolo, UniCredit, Ubi Banca, Bper, Mediobanca, Popolare Sondrio, Carige, Credem, Iccrea. Nove istituti, i cui AD hanno ricevuto anch’essi i risultati degli stress test della Bce relativi alle banche che gestiscono.
La nota che è stata diffusa dalla Bce, tuttavia, non ha comunicato i risultati singoli degli stress test che sono stati condotti, in totale, su 111 banche dell’Eurozona. Le informazioni sono state considerate infatti confidenziali, e si potrà sapere qualcosa di più a novembre, quando verranno rese note eventuali conseguenze sulle soglie Srep, ovvero sui requisiti minimi di capitale che le banche devono osservare.
Nel comunicato si legge che la divisione che si occupa della Supervisione bancaria ha “applicato sei ipotetici shock sui tassi di interesse, al fine di determinare in che modo l’evoluzione del contesto dei tassi di interesse cambierebbe sia il livello patrimoniale che il margine di interesse netto” delle banche.
“I sei shock hanno ripreso quelli delineati dalla Commissione di Basilea sulla Supervisione bancaria e hanno esaminato i cambiamenti nel livello e nella forma della curva dei tassi di interesse. Gli shock sono ipotetici” e non devono essere intesi di conseguenza come proiezioni per lo sviluppo dei tassi interesse dell’area euro”.
“Secondo le rilevazioni – prosegue la nota – un aumento ipotetico dei tassi di interesse di 200 punti base si tradurrebbe a livello aggregato in un aumento del margine di interesse netto del 4,1% nel 2017 e del 10,5% entro il 2019, mentre il valore economico dell’equity scenderebbe a livello aggregato del 2,7%. Nel caso in cui i tassi di interesse rimanessero al livello a cui si trovavano alla fine del 2016 e non ci fosse alcuna crescita del credito, il valore aggregato del margine di interesse netto scenderebbe del 7,5%. Queste proiezioni sono fortemente influenzate dalle supposizioni che le banche fanno riguardo al loro clienti. Per esempio, in uno scenario di aumento dei tassi, affinché si assista a un aumento del margine di interesse netto è cruciale che i depositi retail rimangano presso l’istituto”.