Carige: Malacalza al 22%, operatori delusi. Tonfo del titolo
Scende il sipario sull’aumento di capitale di Carige da 500 milioni di euro. Al termine dell’asta dell’inoptato, risultavano ancora non sottoscritte 14,4 miliardi di azioni, pari al 29% del totale: di queste, 2,5 miliardi sono state sottoscritte da Malacalza Investimenti e le restanti 11.925.301.640 azioni saranno allocate a Equita SIM per conto dei sub-garanti di prima allocazione (tra cui l’azionista Gabriele Volpi e il Credito Fondiario).
In attesa dell’aumento del Credito Valtellinese, il risultato conseguito da Carige rappresenta tutto sommato una buona notizia per il comparto bancario italiano, che a questo punto appare capitalizzato a sufficienza per affrontare il processo di riduzione dei crediti deteriorati.
Dopo l’impegno pro-quota (17,6% circa), la holding della famiglia Malacalza ha sborsato altri 25 milioni di euro. La quota detenuta dall’imprenditore piacentino sale al 22%, contro il 17,7% che deteneva prima dell’aumento di capitale. Il dato è decisamente inferiore al 28% livello concesso dalla Vigilanza europea (Malacalza avrebbe potuto rilevare l’inoptato fino a 69,5 milioni) in virtù del fatto che la holding si è preclusa le funzioni di controllo e coordinamento della banca.
“Malacalza Investimenti ha così parzialmente usufruito del proprio diritto a salire contribuendo al successo dell’aumento di capitale”, riporta una nota della holding. “Si precisa che Malacalza Investimenti aveva un diritto e non un obbligo di incrementare la quota già detenuta in Carige. Malacalza Investimenti continuerà dunque a sostenere la Banca nel suo ruolo di azionista al fine di valorizzare il proprio investimento e continuare a supportare il ruolo della Banca nel tessuto economico e sociale ligure”.
L’impegno “soft” sta affossando il titolo, in rosso dell’8,91% a 0,0092 euro (al di sotto del centesimo a cui sono state collocate le azioni della ricapitalizzazione). Ieri sera l’istituto ligure aveva annunciato che a seguito dell‘offerta dei diritti inoptati, l‘aumento risultava sottoscritto al 71%, per un controvalore di 353,7 milioni di euro. In prima battuta, l’operazione aveva registrato adesioni al 66%.