Bank of Japan ultra dovish, la lotta in Giappone è contro l’inflazione troppo bassa
Le minute della Bank of Japan guidata da Haruhiko Kuroda confermano la politica monetaria straordinariamente accomodante dell’istituzione, mosca bianca tra le principali banche centrali di tutto il mondo. Nelle minute, relative alla riunione del mese di aprile, si legge che gli esponenti della banca centrale del Giappone concordano sulla necessità di impegnarsi ad adottare anche ulteriori manovre di politica monetaria espansiva, nel caso in cui ciò fosse necessario, “senza alcuna esitazione”.
Un esponente della BOJ ha indicato che l’impostazione espansiva deve essere mantenuta al fine di blindare l’economia giapponese dall’aumento dei costi delle materie prime, alimentato dalla guerra tra Russia e Ucraina. Aumento che non viene visto come minaccia al rialzo per l’inflazione, ma come fattore che rischia di deprimere i fondamentali di un’economia che deve ancora riprendersi dagli effetti dell’ultima ondata di Covid in Giappone.
Un altro esponente ha spiegato, di fatto, che, diversamente da quanto sta avvenendo nelle economie occidentali – le cui banche centrali stanno diventando sempre più hawkish nella loro lotta contro l’inflazione- nel caso del Giappone il problema rimane l’inflazione troppo bassa.
Dai verbali è emesso anche che la Bank of Japan non deve guardare al trend delle commodities o del forex, ma all’impatto che questi asset hanno sull’economia e sui prezzi. E chi pensa che magari Kuroda & Co abbiano potuto cambiare idea nei mesi successivi ad aprile – a cui i verbali per l’appunto si riferiscono – si sbaglia.
Nell’ultima riunione di giugno, la Bank of Japan ha reiterato “l’impegno a mantenere i tassi ai livelli attuali o anche più bassi“.
Allo stesso tempo, facendo riferimento al recente tonfo dello yen, e alle ripercussioni che potrebbe avere sull’economia (il calo dello yen rende più costose le importazioni, e il Giappone è importatore soprattutto di energia e materie prime), la Bank of Japan ha detto a giugno che “monitorerà attentamente” l’impatto delle oscillazioni dei rapporti di cambio sui fondamentali economici.
La banca centrale ha detto anche nell’ultimo meeting che l’inflazione misurata dall’indice dei prezzi al consumo core viaggia attorno al 2%, principalmente a causa dell’aumento dei prezzi energetici e dei beni alimentari.
Nessun assist allo yen, in ogni caso, che continua a pagare nei confronti del dollaro la divergenza tra le politiche monetarie della Fed e quella della BoJ. La valuta giapponese è scesa fino a 136,71 all’inizio delle contrattazioni asiatiche, affondando al minimo dall’ottobre del 1998. Gli analisti non intravedono alcuna rimonta per la moneta, almeno nell’immediato, dopo il tonfo del 18% dai 115,08 circa della fine del 2021. Lo yen è sotto pressione anche sull’euro, attorno a quota JPY 143,6, dopo aver testato il valore più basso in sette anni, nei confronti della moneta unica, a JPY 144.25 all’inizio di questo mese.
Tra le altre dichiarazioni emerse dalle minute, quella di un esponente, che ha sottolineato che sarebbe inappropriato cambiare l’impostazione della politica monetaria, in un momento in cui l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia aggiunge ulteriori rischi al ribasso per l’economia del Giappone.
Diversi esponenti hanno tuttavia sottolineato anche che lo yen dovrebbe nuoversi in modo stabile, riflettendo i fondamentali., mentre alcuni hanno avvertito che una volatilità eccessiva nel breve termine del tasso di cambio potrebbe rendere più difficile, per le aziende, stabilire piani industriali.
Detto questo, molti sono stati coloro che hanno detto che il messaggio da inviare ai mercati è che la BoJ orienta la propria politica monetaria per attenersi al mandato della stabilità dei prezzi, e non per controllare i movimenti del forex.