IPO: a Milano solo otto nuove quotazione nel 2020, perchè Piazza Affari rallenta?
Il terzo trimestre del 2020 è stato il più attivo degli ultimi 20 anni per raccolta complessiva delle IPO. A livello globale l’attività delle nuove quotazioni da inizio anno ha registrato un’accelerazione, con un aumento del 14% del numero totale di IPO (872 nei primi 9 mesi dell’anno) e un notevole incremento (43%) in termini di raccolta (165,3 miliardi di dollari). Questi i principali risultati emersi dal nuovo EY Q3 IPO Report, l’analisi trimestrale di EY sul mercato delle IPO che analizza in particolare i primi 9 mesi del 2020, in Italia e a livello internazionale (area EMEIA, America e Asia-Pacific).
Le IPO in America hanno registrato un incremento del 18% a volume (188 operazioni) e del 33% a valore di raccolta (62,4 miliardi di dollari) nei 9 mesi dall’inizio dell’anno rispetto al periodo corrispondente del 2019. Mentre il settore healthcare primeggia da inizio anno per numero di IPO (71), il comparto tecnologico è in testa pe r raccolta complessiva, pari a 22,3 miliardi di dollari durante il trimestre. L’America ha dimostrato di essere l’area più fertile per la nascita dei cosiddetti unicorni, ossia start-up a capitale privato con valore di capitalizzazione superiore al miliardo di dollari.
Le IPO in Italia
Dall’analisi emerge in particolare che in Italia sono 8 le nuove quotazioni registrate su Borsa Italiana nei primi 9 mesi del 2020, di cui solamente una sul segmento MTA dedicato alle aziende medio-grandi, rispetto a 25 IPO nello stesso periodo del 2019 (di cui 2 sul MTA). Nei primi nove mesi del 2020, nel nostro paese in sostanza si è riscontrato un certo rallentamento sul mercato dei capitali e gran parte delle aziende che avevano valutato l’opzione della quotazione per il 2020 sono risultate attive in settori, dai beni di consumo ai prodotti industriali, dai tour operator ai servizi broadband, in molti casi particolarmente impattate dal lockdown di primavera conseguente alla crisi sanitaria e hanno quindi posticipato il progetto, preferendo il concentrarsi sulla gestione della liquidità e della business continuity.
Come sottolinea Marco Daviddi, Leader dell’area Strategy and Transactions di EY nell’area Mediterranea: “Le caratteristiche del tessuto produttivo italiano vedono, da un lato, una dimensione media delle aziende molto contenuta, dall’altro una preponderante presenza in settori quali Retail, Consumer Products, Fashion & Luxury, manifatturiero; questo ha reso le nostre aziende più esposte alla crisi derivante dalle restrizioni finalizzate a contenere la diffusione della pandemia e, conseguentemente, ha determinato la necessità per molte aziende di rinunciare ai programmi di quotazione”.