Wall Street reagisce post trauma Fed. Dow Jones +500 punti, Nasdaq +1,5%. Ma Intel -7%, Tesla -4,5%
Wall Street tenta la via della ripresa, con gli investitori che accolgono positivamente il dato relativo al Pil Usa, e che nel frattempo continuano a digerire quanto emerso dalla Fed di Jerome Powell. Alle 16 circa ora italiana, il Dow Jones vola di 550 punti circa (+1,62%), a 34.721 punti; lo S&P 500 sale dell’1,70% a 4.424 mentre il Nasdaq avanza dell’1,48% a 13.741 punti.
Ieri il Fomc, braccio di politica monetaria della Federal Reserve, ha reso noto che, “con l’inflazione ben superiore al 2% e un mercato del lavoro solido, la Commissione prevede che sarà presto appropriato alzare il range del target per i tassi sui fed funds”.
Powell ha poi sottolineato che “siamo d’accordo sul fatto di alzare i tassi a marzo” e che, riguardo alla riduzione del bilancio o anche Quantitative Tightening, “potremmo muoverci prima e più velocemente” rispetto a quanto previsto in precedenza. D’altronde, ha rimarcato Powell, “i miglioramenti del mercato del lavoro sono diffusi e significativi” e i “rischi sull’inflazione rimangono rivolti verso l’alto”.
La reazione iniziale dell’azionario globale alla prospettiva di una stretta monetaria a marzo non è stata affatto positiva: i futures Usa sono scesi fino a -800 punti, e in Asia le borse di Tokyo e Hong Kong sono crollate di oltre il 3%. Male all’inizio anche le borse europee, che però ora si adeguano al trend della borsa Usa e puntano verso l’alto.
Prima dell’avvio della giornata di contrattazioni, è stato pubblicato il dato relativo al Pil Usa del quarto trimestre del 2021, salito del 6,9% su base annua, ben oltre le attese di una espansione pari a +5,5%. Il ritmo di crescita è il più forte dal 1984.
Bene anche le indicazioni provenienti dal mercato del lavoro degli States: nella settimana terminata il 22 gennaio, il numero dei lavoratori americani che hanno fatto richiesta per la prima volta per ricevere i sussidi di disoccupazione è sceso di 30.000 unità, a quota 260.000. Il dato è stato in linea con le attese.
Peggiori delle stime invece gli ordini di beni durevoli che, nel mese di dicembre, hanno segnato un calo dello 0,9% su base mensile rispetto al +3,2% della passata rilevazione (dato rivisto da +2,6%). Il mercato attendeva una flessione dello 0,6 per cento.
Tra i titoli sotto pressione Intel, nonostante la diffusione dei risultati relativi al quarto trimestre dell’anno migliori delle attese. L’eps su base adjusted è stato, nel quarto trimestre, pari a $1,09, meglio degli $0,91 stimati. Il fatturato è salito a $19,5 miliardi, su base adjusted anche in questo caso, battendo i $18,31 miliardi attesi dal consensus.
Gli utili netti di Intel sono comunque scesi in modo significativo, attestandosi complessivamente a $4,6 miliardi, rispetto ai $5,9 miliardi del quarto trimestre del 2020. Anche l’utile netto relativo all’intero 2021 è sceso, portandosi dai $20,9 miliardi del 2020 a quota $19,9 miliardi.
Inoltre la divisione principale del colosso, ovvero il Client Computing Group (CCG) – che include il business dei chip per i PC – ha concluso il quarto trimestre con un fatturato di $10,1 miliardi, in ribasso del 7% su base annua: la flessione è stata definita da alcuni analisti insolita, se si considera la crisi dei chip mondiale scatenata dalla scarsità di semiconduttori e quindi dalla necessità di reperirli, in un contesto tra l’altro di crescita della domanda per i personal computer.
Detto questo, Intel ha diffuso stime positive per il primo trimestre del 2022, dichiarando di prevedere vendite adjusted per un valore di $18,3 miliardi, meglio dei $17,62 miliardi stimati dal consensus. Gli investitori si concentrano però sulle notizie negative, tartassando il titolo, che perde quasi il 7%.
Attenzione anche a Tesla, il colosso produttore di auto elettriche fondato e gestito da Elon Musk, che ha riportato nel quarto trimestre del 2021 un utile di $2,3 miliardi, più di otto volte tanto il livello dello stesso trimestre del 2020, in crescita su base annua del 760% circa. Boom anche per il fatturato, balzato del 65% a $17,7 miliardi.
L’utile per azione si è attestato su base adjusted a $2,52, rispetto ai $2,36 per azione. Anche il giro d’affari ha battuto le attese, visto che gli analisti avevano previsto un valore a $16,57 miliardi.
Elon Musk ha tuttavia fatto riferimento al problema delle strozzature nelle catene di approviggionamento, sottolineando che le interruzioni hanno colpito l’attività di Tesla “per diversi trimestri” e che per questo “abbiamo intenzione di aumentare la nostra capacità produttiva il più velocemente possibile”. Il titolo arretra sul Nasdaq del 4,5%.
Tra le altre storie societarie, focus su Netflix, il cui titolo balza del 6,7% dopo essere sceso del 30% nell’ultima settimana.
A far scattare i buy sul titolo del colosso di streaming Usa è stata la notizia relativa alla decisione dell’investitore leggendario Bill Ackman, responsabile dell’hedge fund Pershing Square Capital Management, di acquistare azioni Netflix per un valore superiore a $1 miliardo.
Occhio a McDonald’s, i cui utili relativi al quarto trimestre dell’anno sono stati erosi dai costi e dai salari più alti, deludento le attese degli analisti, così come anche il fatturato. L’utile netto si è attestato a $1,64 miliardi, o $2,18 per azione, in crescita rispetto agli $1,38 miliardi, o $1,84 per azione, dello stesso periodo dell’anno precedente.
Esclusi gli oneri straordinari di bilancio, l’utile netto si è attestato a $2,23 per azione, livello inferiore ai $2,34 per azione attesi dagli analisti. E’ la quarta volta in otto trimestri che i profitti della multinazionale deludono il consensus. Il fatturato è stato pari a $6,01 miliardi, al di sotto dei $6,03 miliardi stimati. McDonald’s ha pagato in particolare la cosiddetta inflazione salariale: nel trimestre i suoi costi operativi e le sue spese sono aumentati del 14%. Il titolo si muove attorno alla parità.
Ieri il Dow Jones ha chiuso la sessione in calo di 129 punti, dopo aver guadagnato più di 500 punti nei massimi intraday; lo S&P 500 ha perso lo 0,2%. Poco mosso il Nasdaq Composite.
Oggi i tassi sui Treasuries Usa a 10 anni sono in calo all’1,805%, dopo essere saliti ieri fino all’1,86% dopo la Fed.
L’attenzione è rivolta tuttavia soprattutto verso i tassi dei bond a due anni – quelli più sensibili alle aspettative sui tassi di interesse Usa – che sono balzati nelle ultime ore fino all’1,1720%, al massimo degli ultimi 23 mesi e oltre il record di mercoledì pari all’1,1640%.
I Bund tedeschi hanno dato prova di resilienza superiore a quella dei Treasuries Usa, fattore che ha portato lo spread tra tassi Usa e tassi degli schatz tedeschi a due anni a salire al record dal febbraio del 2020, dunque dal periodo precedente la pandemia Covid.