Azionario Asia: borsa Tokyo +1,5%, sentiment positivo sostenuto da rally petrolio. WTI riagguanta $15
L’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo ha chiuso la sessione in rialzo dell’1,52% a 19.429,44 punti. Lo Shanghai Composite sale dello 0,12% circa, Hong Kong +0,55%, Sidney scende invece dello 0,39%, Seoul fa +1,06% dopo la pubblicazione del Pil del primo trimestre.
Sessione positiva, in generale, per l’azionario asiatico, grazie anche al recupero dei prezzi del petrolio. Il contratto WTI di giugno ha riagguantato quota $15 al barile, ed è in rialzo di oltre il 12%, mentre il Brent avanza di oltre +10% a $22,53 al barile. I rialzi seguono i violenti sell off di lunedì, che hanno colpito non solo il contratto WTI di maggio scaduto martedì 21 aprile, ma anche il Brent e il contratto WTI di giugno. In particolare, nella sessione di lunedì, per la prima volta in assoluto un contratto futures sul petrolio è sceso al di sotto dello zero: è stato il caso del contratto WTI di maggio, crollato in una sessione di oltre -300% a -37 dollari al barile circa.
Tornando al Pil della Corea del Sud, nel primo trimestre del 2020 il trend si è confermato il peggiore dal quarto trimestre del 2008.
L’economia sudcoreana ha scontato gli effetti del coronavirus COVID-19 con una contrazione dell’1,4% q/q, comunque superiore a -1,5% atteso dagli analisti. Su base annua, il Pil ha segnato una crescita dell’1,3%.
Focus sulla componente dei consumi privati, capitolati del 6,4% rispetto al +0,9% del quarto trimestre, al ritmo peggiore dal 1998.
Diffusi anche gli indici Pmi preliminari di Giappone e Australia, relativi al mese di aprile.
Il Pmi manifatturiero preliminare del Giappone si è attestato a 43,7 punti, in calo rispetto ai 44,8 punti di marzo. Alert per il Pmi dei servizi, precipitato a 22,8, valore minimo di sempre, rispetto ai precedenti 33,8. Il Pmi Composite è così sceso a 27,8 punti, contro i 36,2 punti precedenti.
I valori sono decisamente inferiori alla soglia di 50 punti, linea di demarcazione tra fase di contrazione (valori al di sotto), e fase di espansione (valori al di sopra). Valori così stracciati degli indici Pmi si spiegano con gli effetti del coronavirus COVID-19 sull’economia del paese.
Trend simile per l’Australia. Il Pmi manifatturiero è sceso a 45,6 punti, rispetto ai 49,7 punti di marzo, a conferma dell’impatto del coronavirus COVID-19, sull’economia del paese. Decisamente peggio il Pmi servizi, capitolato a 19,6 punti dai precedenti 38,5 punti. Il Pmi Composite è scivolato così a quota 22,4, rispetto ai precedenti 39,4.
Diffuso in Australia anche il dato relativo alle vendite al dettaglio, balzatea marzo dell’8,2% su base mensile, sulla scia della corsa agli acquisti nei supermercati, scatenata dal panico degli australiani in quarantena di rimanere a casa senza scorte sufficienti di beni necessari.
Gli analisti di Citi hanno avvertito però che, così come il rialzo su base adjusted di marzo è stato il più alto in assoluto, le previsioni per il mese di aprile sono per un tonfo record.
Qualche giorno fa il premier australiano Scott Morrison ha detto, tra l’altro, che il lockdown imposto ai movimenti dei cittadini potrebbe durare anche un anno.