Dopo mossa Fed la Bce ‘HA’ paura dell’euro forte. Nuovo bazooka in arrivo? Il falco tedesco Weidmann frena
E invece sì, la Bce è preoccupata per i recenti balzi dell’euro. E’ quanto emerge dall’ articolo del Financial Times “Rising euro stokes ECB worries over falling prices“, ovvero “il rialzo dell’euro alimenta le preoccupazioni della Bce sul calo dei prezzi”.
Dall’FT emerge che, a fronte dell’apparente imperturbabilità mostrata in via ufficiale riguardo alla corsa della moneta unica, nei piani alti di quel grattacielo di Francoforte, sede della Bce, la tensione c’è, ed è piuttosto palpabile.
Fino a oggi diversi investitori e strategist erano rimasti sorpresi o delusi dalle dichiarazioni ufficiali rilasciate dalla Bce, in merito al recente rally dell’euro: dagli esponenti, non era emersa infatti nessuna preoccupazione. Bocche più o meno cucite, inoltre, sull’intenzione o meno della banca centrale europea di lanciare nuovi stimoli, in risposta al grande annuncio sulla svolta della politica monetaria della Fed, arrivato la scorsa settimana da Jerome Powell.
E’ stato proprio quell’annuncio a scatenare la carica degli orsi contro il dollaro, permettendo all’euro, due giorni fa, di testare il nuovo massimo degli ultimi due anni, con il superamento della soglia di $1,20. Più che rassicurare i mercati, la Bce ha fatto però un’altra gaffe (altra, in quanto è ancora viva nella memoria l’incredibile frase che addirittura la stessa numero uno dell’istituzione, Christine Lagarde, proferì mesi fa sullo spread.
Stavolta la nuova gaffe ha visto protagonista l’esponente del Consiglio direttivo della Bce, Isabel Schnabel che, qualche giorno dopo l’annuncio di Powell, ha detto che la banca centrale non ha motivo di aumentare le misure di stimoli lanciate in tempi di COVID-19 (riferimento al PEPP o anche QE di emergenza, pensato ad hoc proprio per arginare gli effetti disastrosi sull’economia della pandemia coronavirus).
Quell’apparente quasi sfacciata imperturbabilità ha avuto effetti anche sui titoli di stato dell’Eurozona, nello specifico sui BTP, che hanno visto schizzare i rendimenti al record in settimane, con effetti evidenti sullo spread BTP-Bund, tornato a infiammarsi.
Ma la calma della Bce è, per l’appunto, solo apparente:
“Gli esponenti top della Bce hanno avvertito che, se la moneta continuerà ad apprezzarsi, peserà sulle esportazioni, affossando i prezzi e intensificando le pressioni sul lancio di nuovi stimoli”, si legge nell’articolo dell’FT, che continua rendendo noto “che diversi membri del Consiglio direttivo della Bce hanno riferito al Financial Times che il rialzo dell’euro nei confronti del dollaro Usa e verso molte altre valute rischia di frenare la ripresa dell’economia dell’Eurozona”.
Questo, in vista della riunione dello stesso Consiglio, che avverrà la prossima settimana, giovedì 10 settembre.
“Nelle ultime settimane c’è stato un apprezzamento dell’euro, che è sempre preoccupante in un contesto di debolezza della domanda, soprattutto per l’area euro, che è l’economia più aperta al mondo e che insolitamente sta dipendendo dalla domanda globale”, ha sottolineato un altro esponente del board. Lo stesso ha ricordato come la svolta annunciata dalla Fed la scorsa settimana, che vedrà ora la banca centrale Usa proiettata verso un target di inflazione media (del 2%) – impostazione più dovish di quella precedente – ha spinto al rialzo l’euro nei confronti del dollaro, facendo aumentare le pressioni sulla Bce affinché faccia qualcosa, magari attingendo alla revisione di politica monetaria su cui sta lavorando. Revisione che, che tra l’altro dovrebbe essere completata il prossimo anno.
“Il problema – ha detto un altro esponente della Bce- è che la Fed ha già deciso, fattore che potrebbe portare il mercato a rietenere che i tassi di interesse siano strutturalmente più alti nell’area euro, e che a sua volta potrebbe innescare un ulteriore apprezzamento dell’euro”.
La moneta unica aveva tra l’altro già imboccato il trend rialzista, visti i suoi guadagni di circa l’8% dallo scorso febbraio.
“E’ una preoccupazione che sale, sebbene non sia ancora enorme”. Ma “se il trend continua allora sarà un problema, a cui dovremo guardare”. Lo stesso ha aggiunto che l’apprezzamento dell’euro richiederà probabilmente alla Bce di tagliare ulteriormente il proprio outlook sull’inflazione, nella riunione prevista per la prossima settimana.
E mentre gli analisti di Société Générale prevedono un balzo dell’euro-dollaro fino a $1,35 in un arco temporale di 2-3 anni, il falco tedesco Jens Weidmann commenta, facendo riferimento a tutti gli stimoli lanciati in Europa, che “i sostegni straordinari fiscali e monetari dovranno essere temporanei ed essere ridotti dopo il COVID”.
Un terzo esponente del Consiglio ha continuato, facendo notare all’Ft che la forza dell’euro deriva comunque da alcuni fattori positivi, come la recente approvazione da parte del Consiglio Ue del Recovery Fund anti-pandemia da 750 miliardi di euro, e la ripresa più forte delle attese che l’economia europea sta riportando dalla crisi del coronavirus.
“Quello a cui stiamo assistendo riflette una storia positiva ….ma sancisce anche il punto di una fase in cui probabilmente l’euro era sottovalutato nei confronti del dollaro. Oggi, la situazione non è così preoccupante, ma potrebbe diventare un problema”.
In realtà, oltre al commento di Schnabel, questa settimana a mettere in guardia contro un eventuale apprezzamento eccessivo dell’euro è stato lo stesso responsabile economista della Bce, Philip Lane che, stando a quanto riporta l’FT, ha commentato, nel vedere balzare la valuta al di sopra della soglia di $1,20 contro il dollaro Usa, che l'”euro-dollaro ha importanza” e che, “se ci sono forze al rialzo che condizionano il cambio, allora queste condizionano anche le nostre stime sull’Europa e sul mondo e, di conseguenza, condizionano la nostra impostazione di politica monetaria”.
L’agguato però è sempre là, e porta sempre il volto di Jens Weidmann, presidente della Bundesbank ed esponente del Consiglio direttivo della Bce, che per anni ha fatto la guerra all’ex numero uno della Bce, Mario Draghi.
Intanto guardando alla prossima settimana Frederik Ducrozet, strategist presso Pictet Wealth Management, ha riferito all’FT di ritenere che la Bce taglierà le proprie stime sull’inflazione del 2022 dall’1,3% all’1,2%-1,1%, per riflettere l’impatto deflazionistico che l’euro più forte ha sui prezzi alle importazioni.
“L’euro è un fattore che scatenerà la bassa inflazione nell’arco dei prossimi mesi”, ha detto Lane.
Il punto – ha spiegato Ducrozet – è che, tagliando l’outlook sull’inflazione a tali livelli, ben lontani dal target appena inferiore alla soglia del 2% stabilito dalla Bce – la pressione affinché la banca riconsideri l’eventualità di rafforzare i suoi stimoli monetari salirà, specialmente ora che i dati hanno mostrato come l’Eurozona sia tornata in deflazione, ad agosto, per la prima volta in quattro anni.
Di conseguenza, “il minimo” che la Bce possa fare, secondo lo strategist, è di segnalare almeno l’intenzione di incrementare gli acquisti di bond lanciati con il QE pandemico, tra l’altro rallentati nel corso dell’estate. Tanto che, secondo Nick Kounis, responsabile della divisione di ricerca macro e finanziaria presso ABN Amro, se la Bce non farà nulla la prossima settimana, comunque alzerà entro la fine di quest’anno la portata del QE pandemico di altri 500 miliardi di euro.
Infine Christian Keller, responsabile della divisione di ricerca economica di Barclays, ha detto che il modo più efficace per abbassare il tasso di cambio rimane il taglio dei tassi di interesse. Ma, con il tasso sui depositi già al minimo record pari a -0,50%, “non credo che vorranno farlo”, ha aggiunto.