UniCredit e il crollo in Borsa: manovre da fondi esteri azionisti? Intanto M5S sogna sempre di più Mps-Carige-Pop Bari
Fuga da UniCredit: in due giorni le vendite che hanno preso d’assalto il titolo hanno bruciato 2,5 miliardi di capitalizzazione. Colpa dell’incertezza scatenata dalle dimissioni del ceo Jean Pierre Mustier – che scatteranno ufficialmente alla scadenza del suo mandato, ovvero ad aprile del prossimo anno -; colpa delle maggiori probabilità che, con Mustier messo all’angolo, la fusione tra UniCredit e Mps alla fine si farà, con la regia del Mef, maggiore azionista della banca senese che non vede l’ora di rifilare a qualcuno la patata bollente che si è accollato nel 2017; colpa dei timori che da predatrice, Piazza Gae Aulenti si trasformi in preda, entrando paradossalmente proprio nelle mire delle banche francesi; colpa, come fa notare il numero uno di Confindustria Carlo Bonomi, delle interferenze politiche.
Il Sole 24 Ore spiega la fuga dal titolo UniCredit con la fuga dei fondi esteri, ricordando che, con i soci storici quasi azzerati, due terzi del capitale sono in mano a investitori istituzionali esteri a cui non piace l’incertezza.
Il crollo del valore di mercato, pari a 2,5 miliardi di euro in due giorni, è superiore alla stessa capitalizzazione di Mps, fattore che porta il quotidiano di Confindustria a chiedersi se, per caso, ci sia stato qualche cambiamento nell’azionariato.
Prima del terremoto provocato dall’annuncio delle dimissioni di Mustier, l’azionariato vedeva il colosso statunitense Blackrock con poco più del 5% davanti ad altri investitori come Dodge & Cox, Vanguard, Norges Bank, il fondo sovrano di Abu Dhabi, Allianz e il fondo pensione giapponese dei dipendenti pubblici. Unicredit è una public company: oggi due terzi del capitale (il 68%) sono in mano a fondi istituzionali internazionali. C’è un altro 7% in mano a fondi sovrani, le Fondazioni hanno il 5%, il retail il 13%, mentre c’è un altro 7% di azioni proprie”.
Ora, l’annuncio di Mustier ha spiazzato tutti, ricordando quanto la politica italiana vada a braccetto con il mondo della finanza: di certo il governo italiano non sta facendo bella figura di fronte alla platea degli investitori internazionali che fiutano le interferenze politiche di cui ha parlato Bonomi.
Il Sole ricorda tra l’altro le perdite che BlackRock ha sofferto a causa dei suoi investimenti passati in Mps. E comunque “già l’arrivo alla carica di presidente di UniCredit dell’ex-ministro Pier Carlo Padoan, protagonista nel 2017 del salvataggio statale sulla banca senese, aveva fatto accendere una spia rossa tra i fondi esteri”.
Il sell off che si è abbatuto su UniCredit è stato tale che, nella serata di ieri, un portavoce del cda della banca ha diramato la seguente nota: il cda di UniCredit, ha detto, “non accetterà mai alcuna operazione che possa danneggiare gli interessi del gruppo e in particolare la sua posizione patrimoniale”. (tra l’altro il ceo di Mps Bastianini sta per presentare un piano stand alone per il 2021).
UniCredit “manterrà la sua attuale posizione sulla crescita e sul rafforzamento della propria base clienti, sulla continua trasformazione del modello di servizio e massimizzazione della produttività, sulla gestione disciplinata del rischio e sulla rigorosa gestione del proprio capitale”. Ancora: “Grazie alla forza della propria posizione finanziaria il gruppo continuerà a sostenere l’economia e a distribuire il capitale agli azionisti”. Infine, “come già indicato nelle proprie linee guida -UniCredit conferma il ripristino della politica di distribuzione del capitale, soggetto ai via libera dei regolatori, a partire dall’anno solare 2021”.
Il compito di rassicurare gli investitori esteri spetterà indubbiamente al prossimo amministratore delegato. In un articolo pubblicato sul Mattino Rosario Dimito fa i nomi di Marco Morelli, ex amministratore delegato di Mps che era stato in precedenza direttore generale di Intesa SanPaolo, e di Carlo Vivaldi, co-chief operating officer di UniCredit. La lista dei candidati potrebbe essere presentata già nelle prossime ore al Comitato Nomine guidato dal consigliere Stefano Micossi, dove è presente anche il presidente designato, l’ex titolare del Tesoro Pier Carlo Padoan.
Il Sole 24 Ore presenta una rosa di possibili nomi citando anch’esso Morelli e Vivaldi, ma aggiungendone altri:
“Tra i tanti nomi che circolano sul mercato emerge con insistenza quello di Victor Massiah, ex ceo di Ubi, e figura stimata dallo stesso Padoan. Ma in lizza ci sarebbero anche altri manager come Fabio Gallia, ex ceo di Bnl, Marco Morelli, ex numero uno di Mps oggi in Axa Investments, e Marina Natale, ex Cfo di UniCredit e oggi a capo di Amco. Altro nome che circola, già presente nel board è quello di Diego De Giorgi, ex capo del Global investment banking di Merrill Lynch. Ma l’advisor valuterà con attenzione anche possibili candidature interne alla banca: si guarda in particolare a manager come Carlo Vivaldi, co-chief operating officer, Francesco Giordano, co-ceo del Commercial Banking Western Europe e Niccolò Ubertalli, ce-ceo Commercial Banking Eastern Europe”.
In tutto questo, i Cinque Stelle, che non vogliono che Mps venga ceduta ai privati, continuano ad accarezzare il sogno rilanciato dal numero uno della FABI Lando Sileoni di una fusione a tre Mps-Carige-Popolare di Bari, come riporta un articolo del Secolo XIX, ricordando che sia Carige che Pop Bari sono “altre due banche in difficoltà”. Una fusione, spiega l’articolo, che sarebbe appoggiata dall’ad di Mps Guido Bastianini. Nel caso in cui ciò si avverasse, nascerebbe una banca che vedrebbe come azionista ancora il Tesoro, “che non venderebbe le quote ma si diluirebbe restando socio di maggioranza”.