Banca centrale russa lancia nuovo maxi bazooka anti-recessione. E a dispetto sanzioni cita minori rischi su stabilità finanziaria
Russia: l’inflazione si sta sfiammando, il rublo si sta rafforzando. E così, al termine di una riunione straordinaria, la Banca centrale russa annuncia un nuovo maxi-taglio dei tassi di 300 punti base, il secondo consecutivo dal mese di aprile, che porta i tassi principali di riferimento a scendere dal 14% all’11%.
La mossa della governatrice della banca centrale Elvira Nabiullina va interpretata come l’ennesimo aiuto a un’economia che, colpita dalle sanzioni internazionali, isolata dal mondo, è destinata al collasso. Il numero uno dell’IIF Robin Brooks paventa un tonfo del Pil pari a -30% entro la fine del 2022.
Nabiullina e il suo team sono stati così costretti a correre ai ripari, ed evidentemente il margine necessario a un ennesimo taglio dei tassi lo hanno trovato, visto che l’istituzione ha motivato la mossa proprio con l’indebolimento della crescita dell’inflazione e con il rublo più forte.
Ma anche il Cremlino è in prima linea per blindare in qualche modo l’economia (e anche il consenso) del paese, visto che proprio ieri, il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato di star prendendo in considerazione l’opzione di aumentare il salario minimo e le pensioni del 10%, stando a quanto riporta Reuters. Putin ha negato che tutti i problemi economici della Russia siano legati alla guerra in Ucraina, che continua a definire operazione militare speciale.
Detto questo, l’inflazione starà pure rallentando il passo in Russia, ma continua ad inanellare ritmi di crescita a livelli record. Sempre Reuters riporta che, nel mese di aprile, il balzo è stato del 17,8% su base annua.Per fare un paragone, il tasso di inflazione Usa si è attestato all’8,3% ad aprile, ai massimi degli ultimi 40 anni, ma a livelli significativamente più bassi di quelli della Russia.
Da Banca centrale russa nuovo bazooka monetario anti-crisi
Tornando all’ennesimo bazooka monetario anti-recessione lanciato dalla Banca centrale russa, tutti i 23 economisti intervistati da Bloomberg avevano previsto una riduzione inferiore, pari a -200 punti base. E Nabiullina non ha alcuna intenzione di fermarsi qui visto che, nel comunicato che ha accompagnato la decisione sui tassi, si legge che la banca “lascia la porta aperta alla prospettiva di ridurre i tassi nei prossimi meeting”.
Nel comunicato si legge anche che “le condizioni esterne per l’economia russa rimangono sfidanti, ostacolando in modo considerevole l’attività economica”. Tuttavia, “i rischi sulla stabilità finanziaria si sono in qualche modo ridotti, consentendo di allentare alcune misure di controlli sui capitali”.
Di fatto, nelle ultime sessioni si è parlato della forza del rublo nonostante l’allentamento dei controlli sui capitali.
La moneta russa è balzata fino al record dal marzo del 2018, nonostante il suo status ‘paria’, uguale a quello di qualsiasi altro asset finanziario made in Russia: è vero che la sua solidità si spiega soprattutto con i controlli sui capitali imposti nel paese. Ma è pur vero che, con tanto di sanzioni, la moneta ha mostrato una solidità tale da segnare un rally del 30% dall’inizio dell’anno.
Quei controlli sui capitali sono stati inoltre allentati e in appena 4 sedute fino a quella del 23 maggio scorso – quando sull’allentamento circolavano ancora diversi rumor – il rublo è volato del 13% contro l’ euro (schizzando del 6,2% soltanto lunedì scorso) a 59,15, guadagnando il 5,2% a 57 contro il dollaro Usa, al record dall’aprile del 2018.
La mossa è diventata poi ufficiale, con il ministero dell’Economia che ha annunciato la decisione di abbassare la soglia dei profitti incassati all’estero che le aziende russe sono state fin dall’inizio della guerra costrette a convertire in rubli, dall’attuale 80% al 50%. La motivazione addotta è stata “la stabilizzazione del rapporto di cambio del rublo e il raggiungimento di un livello sufficiente di liquidità delle valute estere nel mercato domestico”.
L’altro motivo, o IL motivo, che spiega la forza del rublo è l’enorme surplus della bilancia commerciale della Russia. Enorme surplus che si spiega con il fatto che Mosca continua a esportare gas e petrolio russi nel mondo e nella stessa Europa che sforna nuove misure punitive.
E’ stata la stessa banca centrale della Russia a rendere noto che, nel periodo compreso tra gennaio e aprile del 2022, il surplus delle partire correnti è volato a $95,8 miliardi, aumentando di oltre 3,5 volte rispetto allo stesso periodo del 2021: alla base del boom, c’è il rally dei prezzi del gas e del petrolio, che ha consentito a Mosca di chiedere – e ottenere – prezzi più alti per le sue esportazioni dirette all’Unione europea. Che, nonostante tutto, ha continuato e continua a fare incetta delle sue materie prime.
Il rapporto di cambio con il rublo, ha commentato Cristian Maggio, responsabile della strategia di portafoglio di TD Securities a Londra, “riflette principalmente i flussi della bilancia commerciale dovuti alle esportazioni di idrocarburi dalla Russia”.
Di quanto massicce siano le entrate che la Russia di Putin riceve con le esportazioni di gas e altro ha parlato anche sempre Robin Brooks, ex Goldman Sachs e numero uno dell’International Finance Institution (IFF), postando su Twitter un grafico che conferma la ricchezza della bilancia commerciale russa.
C’è dell’altro che sta facendo salire il rublo. Come riassume l’articolo del Washington Post firmato da Chico Harlan e Stefano Pitrelli, “l’Europa sta accettando la richiesta di Putin di pagare il gas in rubli”.
Nell’articolo dal titolo “Europe accepts Putin’s demands on gas payments to avoid more shut-offs“, il quotidiano ha fatto notare che l’Europa ha accettato le richieste di Putin aderendo a un sistema di pagamenti che, ha commentato Alessandro Lanza, professore alla LUISS di Roma ed ex economista presso Eni, “permette a tutti di salvare la faccia”.
Il WP spiega: “Il sistema, che implica la creazione di due conti presso Gazprombank, permette all’Europa di dire che sta tecnicamente pagando il gas naturale in euro, e alla Russia di dire che sta ricevendo i pagamenti in rubli (…)”
Nel breve periodo, l’Europa può riuscire a schivare la tanto temuta crisi energetica. Ma il quotidiano sottolinea che “questo significa anche inviare soldi alla Russia anche se si condanna la guerra lanciata dal Cremlino, anche se si sanzionano gli oligarchi e si inviano armi all’Ucraina”.
Non stupiamoci, dunque, che il rublo salga (anche oltre i desiderata della Banca centrale).
L’Ue non ci fa certo una bella figura, tanto che il Washington Post, afferma senza tanti giri di parole che “sembra che le società energetiche europee si siano piegate alla pretesa del presidente russo Vladimir Putin di ottenere i pagamenti del gas naturale che acquistano in rubli, utilizzando un nuovo sistema elaborato di pagamenti: una concessione che evita ulteriori interruzioni di gas e che riconosce a Putin anche la vittoria, in termini di pubbliche relazioni, nel mentre continua a finanziare la guerra in Ucraina”.