Banche centrali: occhi puntati su Bce, Draghi al banco di prova della normalizzazione monetaria
Gli indicatori dell’area euro alimentano le attese di un’uscita dal QE da parte della Bce. Nulla è però scontato con Mario Draghi si trova una situazione difficile, poiché la ripresa dell’area resta fondamentalmente fragile. “Recentemente l’Italia ha raggiunto un accordo per il salvataggio di due banche per 17 miliardi di euro, un quarto del salvataggio della Grecia è in fase di discussione e la Bce è ancora vincolata dal divieto di fiscal transfer all’interno dell’Ue”, è il comento di Andrew Wilson, CEO di Goldman Sachs AM per l’area EMEA.
Il capital key
A parte il punto interrogativo circa la sostenibilità di una ripresa nel lungo periodo, Draghi ha urgenti ragioni pratiche per avviare il processo di inversione. Su tutte, il fatto che le obbligazioni da acquistare si stiano esaurendo: “Deve sospendere gli acquisti, oppure avere argomenti politici per allontanarsi dal “capital key” che determina quante obbligazioni di un Paese può acquistare, oppure ancora abbandonare la convenzione secondo cui la Bce non potrà detenere più di un terzo di ogni singolo titolo”, spiega Wilson.
La seconda e la terza opzione hanno implicazioni importanti: l’abrogazione del capital key darebbe spazio all’accusa di effettuare indirettamente il fiscal transfer. Inoltre, spiega ancora Wilson, “se la Bce dovesse possedere la maggioranza dei bond individuali, peggiorerebbe il problema della scarsità di cui già gli investitori privati si stanno lamentando e si troverebbe con la responsabilità di essere un investitore di maggioranza a richiedere un fallimento nel caso di un default, una posizione scomoda per una Banca centrale”.
Volatilità inevitabile
Il rischio principale per Draghi, secondo lo strategist, è che porta i mercati ad accettare condizioni più restrittive e questo non gli lascia nessuna giustificazione di principio per l’imminente inversione del QE. “Nelle prossime settimane ci aspettiamo un discorso diretto – seppure prudente – da Washington e un linguaggio più ambiguo da parte di Francoforte”, commenta lo strategist. In ogni caso il modo in cui Draghi effettuerà la “normalizzazione” della politica monetaria determinerà gran parte del futuro economico di tutto il blocco occidentale. “E questa volta potrebbe essere difficile contenere la volatilità di un mercato non disposto a fronteggiare il venir meno del sostegno della Bce”, conclude Wilson.