Petrolio: continua l’ascesa del greggio made in USA. Output verso i massimi storici
A dicembre, l’output di petrolio “shale” statunitense farà segnare il 12° incremento consecutivo. Parola dell’Energy Information Administration (EIA), la divisione statistica del Dipartimento dell’Energia. La stima, contenuta del report mensile, è di un incremento di oltre 80 mila barili giornalieri a 6,17 milioni di barili giornalieri.
L’output in arrivo dalle rocce “Bakken”, lo strato roccioso compreso tra gli stati americani del Montana, del Dakota del Nord e del Sud e della regione canadese di Saskatchewanche, è visto in aumento di 5.600 unità a 1,1 milioni di barili al giorno, il livello maggiore dal marzo del 2016; la produzione ad Eagle Ford, in Texas, è destinata a confermarsi a 1,2 milioni mentre il greggio in arrivo dal Bacino di Permian potrebbe far segnare un nuovo record a 2,7 milioni di barili (+58 mila).
Andamento similare per il Gas Naturale, il cui output nell’ultimo mese dell’anno è visto a 61,7 miliardi di piedi cubi, +1,3% rispetto alla stima precedente e nono mese consecutivo di aumento.
IEA: Stati Uniti diventeranno esportatori netti di petrolio
Entro il 2025, l’Agenzia Internazionale dell’Energia (International Energy Agency, IEA) stima che gli Stati Uniti diventeranno il leader mondiale nell’estrazione di petrolio e gas. L’agenzia con sede a Parigi, che ha pubblicato il suo report annuale, rileva che l’incremento dell’output della prima economia, +8 milioni di barili tra il 2010 e il 2025, “rappresenta il più elevato periodo di crescita dell’output mai registrato da un singolo Paese”.
“Una notevole abilità di liberare nuove e poco costose risorse spinge la produzione combinata di petrolio e gas a un livello del 50% maggiore di ogni altro Paese […]. Già un esportatore netto di gas, gli Stati Uniti sono destinati a diventare un esportatore netto di petrolio”.
La tumultuosa crescita del settore negli Stati Uniti rappresenta una delle chiavi, probabilmente la più importante, per capire l’andamento dei prezzi negli ultimi anni: un barile di WTI, il petrolio made in USA, nell’estate 2014 costava 100 dollari, a febbraio 2016 era a 26 dollari ed al momento, grazie al miglioramento del contesto macro e dei tagli varati dall’Opec e dagli altri maggiori produttori, passa di mano a circa 57$, su livelli che non si vedevano da oltre 2 ani.
Ma, ironia della sorte, è proprio la recente ripresa dei prezzi, e il ricorso sempre più diffuso all’hedging (la pratica che consiste nel vendere in anticipo la produzione futura), che sta favorendo gli investimenti nel comparto.
Nel complesso, la produzione statunitense nell’anno corrente è vista a 9,2 milioni e il prossimo a 9,9 milioni, il livello maggiore dal record storico di 9,6 milioni fatto segnare nel 1970.